NONNA SHIRLEY JACKSON E LE PAROLE MALEDETTE
Il New Yorker del 26 giugno 1948 ha una copertina in stile Chagall. Bella, senza dubbio, ma non è il motivo per cui quel numero della prestigiosa rivista è passato alla storia. Quel New Yorker è diventato leggendario perché contiene La lotteria, un racconto che comincia così: «The morning of June 27th was clear and sunny...». Lo scrisse Shirley Jackson (1916-1965), l’autrice di alcune cose tra le più inquietanti della letteratura americana. Si sospetta che La lotteria sia stato il racconto più letto nella storia del New Yorker. Di sicuro è stato il più discusso e contestato dai lettori che sommersero la redazione di proteste e richieste di chiarimenti. Molti non capirono il finale della storia. Molti non ne compresero il significato generale. Molti credettero che fosse un fatto accaduto davvero e ne furono spaventati e inorriditi.
Miles Hyman aveva tre anni quando la nonna Shirley Jackson morì. Da grande è diventato un noto disegnatore. Ha illustrato Dalia nera di Ellroy, per dire, e ha tratto un graphic novel dal racconto più famoso di sua nonna (pubblicato da Adelphi, lo stesso editore delle opere di Shirley Jackson). Un’impresa difficile visto lo stile scarno e disadorno, quasi intraducibile in immagini, dell’originale.
Nella bella prefazione al suo «adattamento grafico autorizzato», Hyman evoca un rito domestico da sempre officiato da suo padre riunendo tutta la famiglia attorno a un antico carillon che riproduce, in un elaborato arrangiamento, Il Carnevale di Venezia. Racconta Hyman che quel carillon («un cimelio, elegante quanto sinistro» eredità di nonna Shirley) ha sempre avuto il potere di incantare e terrorizzare, attrarre e ripugnare a ritmo di valzer. La lotteria, il racconto maledetto che comincia una mattina di giugno limpida e soleggiata, incanta e terrorizza, attrae e ripugna come quel carillon. La prossima volta cercheremo di capire perché.