«MI SENTO DAVVERO EUROPEA.
Si sente italiana o francese?
«Veramente ormai non prevale nessuna delle due identità, mi sento davvero europea. E la Brexit mi mette un’enorme tristezza». Come ha vissuto, italiana a Parigi, la crisi diplomatica tra Italia e Francia di un anno fa?
«Ero dispiaciuta soprattutto per la questione dell’immigrazione. Mi piacerebbe che i governi mettessero da parte le liti, aprissero i porti e aiutassero i migranti».
Qual è stata la maggiore difficoltà nella sua carriera?
«Riuscire a tornare a casa dall’ospedale e staccare, fare tabula rasa di tutti i problemi professionali, senza restare con la testa immersa nel lavoro. Mi ci sono impegnata molto. Non sono stata a casa spessissimo, questo è vero, ma quando c’ero ho cercato di essere presente davvero, al cento per cento».
In Francia è più facile avere una carriera e una famiglia?
«Sì per quanto riguarda le strutture, no rispetto alla mentalità verso le donne. Io ho messo i miei figli all’asilo nido a tre mesi, i miei amici di Venezia mi dicono che in Italia è quasi impossibile perché non ci sono posti. Qui per esempio le infermiere possono lasciare i bambini all’asilo dell’ospedale, e in generale ci sono molti asili municipali».
Lo Stato francese ha una tradizione di sostegno alle coppie con figli, forse in Italia ci si affida di più alla famiglia allargata.
«In Francia un genitore può provare a cavarsela anche senza ricorrere per forza alla rete famigliare che invece in Italia è indispensabile. Mio padre era ferroviere, mia madre maestra, da piccola sono stata tanto a casa con mia nonna. È stato bello, ma mi ricordo il panico del primo giorno di scuola, alle elementari: non avevo mai visto tanti bambini in vita mia, non ero abituata a tutti quegli estranei, non è stato facile uscire dalla nicchia. Anche da pediatra penso che sia un bene, per lo sviluppo e la crescita