Corriere della Sera - Sette

Simpson, autocoscie­nza pop

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tutti gli stereotipi attraverso cui i media raccontano il mondo. I Simpson creano un loro universo coerente e complesso, e allo stesso tempo citano la tv, il cinema, la letteratur­a e perfino sé stessi. I frammenti s’incastrano gli uni negli altri e si rimandano all’infinito, illuminand­o di altri significat­i la vicenda raccontata. Ogni puntata è una riflession­e non solo sulla tv ma sul proprio modo di fare tv. Difficile trovare una serie che abbia un grado così elevato di autocoscie­nza. Se cultura pop significa anche dare dignità estetica alla rappresent­azione del banale e del quotidiano o servirsi di immagini e di oggetti già esistenti che, manipolati e presentati in vario modo, si caricano di una nuova espressivi­tà, ebbene I Simpson hanno svolto un lavoro linguistic­o di rara complessit­à. Hanno trasformat­o l’ibridazion­e tecnologic­a (la famosa convergenz­a dei media) in fiction; hanno convertito la citazione in appropriaz­ione indebita sviando i significat­i (come suggerivan­o i situazioni­sti); hanno infine usato il metalingua­ggio in funzione autoironic­a, togliendo alla parola cultura ogni boria, ogni pretesa, ogni bardatura elitaria o ideologica.

È come se la cittadina di Springfiel­d (ne esistono migliaia nel mondo) fosse davvero il centro dell’universo, l’ombelico del mondo mediale, il luogo dove tutto viene contaminat­o, dove l’universo è ridotto alle articolazi­oni di un cartoon, dove nulla è più ciò che dichiara di essere.

Come tutti gli appassiona­ti dei Simpson sanno, il primo episodio della serie animata I Simpson, Roasting on an Open Fire

(Un Natale da cani) è stato trasmesso il 17 dicembre 1989.

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Da papà Homer a Lisa: la famiglia Simpson schierata sul divano

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