CEREALI, VINO, UVETTA E CANDITI A CIASCUNO IL SUO PANETTONE
portare a termine il percorso.
Ma interpretazioni del panettone con un forte legame territoriale non mancano in tutta Italia. Burro di montagna, uvetta di zibibbo, canditi di arancia, fiori della noce moscata e un lievito madre rinfrescato dalla rugiada, è la scelta fatta dallo chef Giuliano Baldessari, una stella Michelin col suo ristorante “Aqua Crua” di Barbarano Vicentino, per raccontare il Veneto e i Colli Berici. La maestra pasticcera Anna Chiavazzo, de “Il Giardino di Ginevra” di Caserta, ne ha realizzata una versione glassata al cioccolato che impiega uno dei vini autoctoni più antichi della zona, il Casavecchia Doc di Pontelatone, in cui l’uvetta è lasciata in infusione prima di essere unita all’impasto. Sempre un sapore enoico è quello del maestro pasticcere palermitano Nicola Fiasconaro, quest’anno ha usato per il suo panettone il profumo alimentare del marsala Vecchio Samperi di Marco De Bartoli, etichetta che in Sicilia ha fatto la storia della vinificazione naturale. Ci sono, poi, innumerevoli altri lievitati che rappresentano la tradizione regionale delle festività natalizie. Fra i più singolari c’è la focaccia di Claudio Gatti della “Pasticceria Tabiano” di Tabiano Terme, in provincia di Parma. Questo dolce non può essere definito panettone perché contiene solo l’11,3 percento di grassi, contro il 16 percento previsto come soglia minima dal disciplinare di produzione del dolce tipico lombardo. Quest’anno ne propone una versione ai dieci cereali (fra cui farro, orzo e riso candito). Lievitata 36 ore, contiene farina italiana bio, zucchero di canna integrale, burro e olio extra vergine d’oliva in uguali quantità, oltre ananas e mandarino.