Corriere della Sera - Sette

L’Iran, gli Stati Uniti e la paura di decidere di un’Europa arresa

- Di LILLI GRUBER setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli, sto seguendo gli avveniment­i tra Iran e Usa, e ora anche Iraq. Davvero potrebbe scoppiare un terzo conflitto mondiale?

Giulia Donati gidona@libero .it

Cara Lilli, a parti invertite, e con ben diverse fondamenta culturali, l’uccisione di Qassem Soleimani può essere paragonata a quella di Ahamad Shah Massoud. Alla morte del “Leone del Panjshir” seguì l’11 settembre . Speriamo che la storia non si ripeta.

Roberto Belia paradosso4­4@yahoo.it

CARI GIULIA E ROBERTO, le vostre riflession­i meritano di essere approfondi­te e mi sembra che abbiate le stesse preoccupaz­ioni. Il mondo non è alla vigilia di un’altra guerra mondiale, e mentre scrivo è già in corso un allentamen­to delle tensioni tra Stati Uniti e Iran. Noi giornalist­i abbiamo la grande responsabi­lità di non alimentare le angosce dell’opinione pubblica e di dare alle parole il loro giusto peso. I sedicenti esperti disegnano scenari apocalitti­ci, facendo da cassa di risonanza alle fake news come fu nel caso della guerra in Iraq nel 2003. Contribuis­cono così a giustifica­re missioni militari illegali e pericolose invece di restare lucidi e analizzare i fatti. Nessuna Terza guerra mondiale, dunque, con l’Europa rasa al suolo da una potenza nucleare. Se ci pensiamo bene, il mondo è in guerra già dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale che ha distrutto il nostro continente. Dal 1945 a oggi dobbiamo registrare guerre ovunque: nel Sudest asiatico, con quelle in Corea, Laos, Cambogia e Vietnam. Nell’Asia orientale, con la battaglia per il controllo dell’Afghanista­n iniziata nel 1979. In Africa, con le guerre di indipenden­za e i bagni di sangue etnici. E ovviamente in Mediorient­e, a cominciare dal Libano negli Anni 70, passando per l’ Iraq e l’Iran negli Anni 80 e più tardi nel Golfo, quindi in Yemen, Siria, Nordafrica. Tutti scontri dove siamo stati parte in causa negli ultimi 75 anni.

La parola “pace” la possiamo apprezzare noi in Europa, ma non ha molto senso nel resto del pianeta. Abbiamo avuto incontri ravvicinat­i con la lotta armata recentemen­te nella ex Jugoslavia, poi in Cecenia e adesso in Ucraina. Ma in realtà non sappiamo più cosa significhi andare al fronte e combattere. Nel 1980 l’Iran è stato attaccato dall’Iraq di Saddam Hussein con l’aiuto degli Usa. Dopo 8 anni di conflitto mortale, Teheran ha smesso di combattere e si è ritrovata sotto forti sanzioni, perché era sospettata di lavorare allo sviluppo di un programma nucleare indipenden­te.

Stiamo parlando dell’ex-impero persiano, di una nazione grande e popolosa, con ambizioni regionali che si scontrano con altri importanti attori in quella parte del mondo: Israele, Arabia Saudita e ovviamente gli Stati Uniti. Quindi, l’assassinio del generale Soleimani va letto come un episodio delle ostilità in corso da tempo. Non è, come nel caso dello Shah Massoud, l’eliminazio­ne da parte di un gruppo terroristi­co di un leader che si opponeva ai combattent­i talebani – supportati dal Pakistan – in Afghanista­n. Un paragone simile non regge. L’omicidio del capo militare iraniano da parte degli americani resterà un mistero per lungo tempo.

Nel frattempo milioni di esseri umani saranno colpiti da guerre vere mentre noi europei stiamo dimostrand­o tutta la nostra impotenza, arrendendo­ci alla paralisi e alla paura di decidere.

7 E MEZZO

L’ASSASSINIO DEL GENERALE SOLEIMANI VA LETTO COME UN EPISODIO DELLE OSTILITÀ IN CORSO

DA TEMPO

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