Corriere della Sera - Sette

«FOR SAMA» NASCERE, VIVERE E FUGGIRE DALLA SIRIA

- Di MARTA SERAFINI

«Sama, ti ricordi di Aleppo? Mi biasimerai per non averti portato via subito? O mi darai la colpa per essere venuta via?». Sama sta giocando in cucina a Londra. A 4 mila chilometri da lei settimana scorsa sono morti 8 bambini in un raid ordinato dal presidente siriano Bashar Assad. Sama non si ricorda di Aleppo. È venuta via la notte del 21 dicembre 2016, in automobile, mentre faceva freddo ed aveva la febbre. E ora la casa, dove ha camminato e sorriso per la prima volta, non c’è più.

«Ho iniziato a filmare e documentar­e proprio perché volevo che mia figlia un giorno avesse la possibilit­à di rivedere tutto questo». Quando scoppia la rivoluzion­e in Siria, nel 2012, Waad al-Kateab ha 18 anni. Studia marketing alla Aleppo University.

Incontra un giovane medico di nome Hamza. Gioia, rabbia, amore, paura e odio. Manifestan­o insieme, si innamorano, fanno politica, anche quando il regime ricorre alla violenza per soffocare le rivolte, gettando la città nel baratro della guerra. Alcuni dei loro amici muoiono e loro stessi sfuggono per un soffio ai cecchini, agli attacchi aerei e alle bombe. Ma Waad non smette mai di riprendere. Con la macchina fotografic­a, con il cellulare. Poi, nel mezzo di tutto ciò, Hamza chiede a Waad di sposarlo. E mentre i barrrel bomb, i barili bomba imbottiti di chiodi ed esplosivo, cadono sulla città, il 1° gennaio 2016 nasce Sama.

Avanti veloce di quattro anni, la storia di quei ragazzi e di quella bambina è diventata un documentar­io – For Sama – distribuit­o da Wanted Cinema, già presentato a Cannes e proiettato alle Nazioni Unite. E che il 7 febbraio esce in

Il documentar­io di Waad al-Kateab mostra le giornate di donne e bambini in una città abitata dall’orrore. Lei, con la figlia e il marito, adesso vive a Londra: «Ho girato tutto questo perché voglio che Sama un giorno possa rivederlo»

Italia con il patrocinio di Amnesty Internatio­nal e la voce di Jasmine Trinca.

For Sama è la lettera di una madre a una figlia, una ninnananna, la stessa che canta alla piccola per distrarla dalle bombe. Perché ha deciso di renderla pubblica?

«Ho iniziato a raccontare la mia storia senza un piano, filmando le proteste in Siria sul mio cellulare, come facevano tanti altri attivisti. Fin dall’inizio ho capito che ero più affascinat­a dal catturare storie di vita e umanità, piuttosto che concentrar­mi sulla morte e la distruzion­e. E da donna, pur vivendo in una parte molto conservatr­ice di Aleppo, sono stata in grado di accedere alle esperienze di donne e bambini, tradiziona­lmente vietate agli uomini. Questo mi ha permesso di mostrare la realtà invisibile dei siriani».

Quando è nata Sama aveva già iniziato a documentar­e gli orrori di Aleppo per Channel 4. I suoi reportage sul conflitto in Siria hanno ricevuto quasi mezzo miliardo di visualizza­zioni e hanno vinto 24 premi – incluso l’Emmy Award nel 2016…

«Quando siamo riusciti a venire a Londra nel 2016, a Channel 4 mi hanno accolto come in una famiglia. Mi sono messa a lavorare con Edward (Watts, coregista del documentar­io, ndr) e guardando tutto quel materiale – erano più di 500 ore di girato – è nata l’idea del documentar­io. L’obiettivo, oltre a raccontare a Sama della sua infanzia, è di tenere accesa la luce sulla Siria». In queste ore in Siria è in corso un’altra sanguinosa battaglia, quella di Idlib, l’ultimo bastione dell’opposizion­e, che Assad sta cercando di espugnare con il sostegno di Mosca. Perché ne parliamo così poco?

«Non riesco a capacitarm­i di questo buio. Ma la speranza – proprio come accaduto per la guerra in Vietnam – è che le immagini possano fermare il sangue. For Sama vuole anche essere un appello all’impegno: conoscere è una forma di resistenza ai regimi. Non so se sia il termine giusto ma non mi sento solo una regista, ogni tanto penso a me come ad un’influencer delle ingiustizi­e».

Parte degli oppositori sono passati con le milizie jihadiste e hanno commesso crimini di guerra. Come vive questa contraddiz­ione?

«Non condivo quella scelta ovviamente. Ma troppe persone in Siria hanno visto talmente tanto orrore da non poter sopportarl­o. E allora hanno deciso di usare gli stessi

metodi. Io sono stata fortunata. Ma chi può dire cosa avrei fatto se qualcuno avesse ammazzato Sama o Hamza… Inoltre ci sono tante persone che sono rimaste buone nonostante tutto. Ed è a loro che va il nostro supporto».

Lei e la sua famiglia avete ottenuto asilo politico in Gran Bretagna. Come ci siete riusciti?

«Grazie al mio lavoro per Channel 4, dopo un anno che eravamo in Turchia, ho ricevuto il visto. Così a maggio 2018 siamo arrivati all’aeroporto di Heathrow e abbiamo richiesto asilo lì. La mia seconda figlia Taima, che all’epoca aveva quasi un anno, non aveva documenti. Ho chiesto aiuto all’ambasciata siriana, ma non ci hanno aiutato perché Hamza era ricercato dal regime. Così ho lasciato Taima in Turchia per cinque mesi fino a quando non ci è stato concesso l’asilo e abbiamo potuto portarla in Gran Bretagna». Sperate di tornare in Siria, un giorno?

«Ovviamente. Non solo perché significhe­rebbe rivedere la casa dove sono nata. Mi piacerebbe portare le bambine nel mio giardino, far sentire loro il profumo delle rose».

Siete arrivati a Londra in un momento particolar­e, proprio in questi giorni la Gran Bretagna si sta organizzan­do per uscire dall’Europa. Com’è la vostra vita ora?

«Tutti sono stati molto gentili. Dopo che i miei vicini hanno visto il film, mi hanno lasciato una montagna di biglietti davanti alla porta. Ho ottenuto una borsa di studio universita­ria per un master in comunicazi­one. Hamza sta lavorando per una società che fornisce servizi bancari nelle aree di conflitto e quest’anno inizia un master in medicina. Arrivati qui Sama ha avuto parecchi incubi, la guerra deve averla sicurament­e traumatizz­ata. Ma ora sta molto meglio. Entrambe le bambine parlano l’inglese con l’accento britannico e vivono come due bambine inglesi. Ma non abbiamo mai smesso di rivolgerci a loro in arabo. Non vogliamo che dimentichi. Non vogliamo che nessuno di noi lo faccia».

For Sama, presentato a Cannes e proiettato alle Nazioni Unite, uscirà in Italia il 7 febbraio: «L’obiettivo, oltre a raccontare la sua infanzia a mia figlia, è quello di tenere accesa la luce sulla Siria»

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Sopra, con Sama, nata il 1º gennaio 2016, in una delle strade di Aleppo distrutte dalla guerra.
Sono riuscite a fuggire nella notte del 21 dicembre dello stesso anno, di notte.
A sinistra, Waad al-Kateab. Sopra, con Sama, nata il 1º gennaio 2016, in una delle strade di Aleppo distrutte dalla guerra. Sono riuscite a fuggire nella notte del 21 dicembre dello stesso anno, di notte.
 ??  ?? Sama, nel settembre 2016, fotografat­a da sua madre in una delle strade di Aleppo, con un cartello che ironizza sulla gaffe dell’allora candidato alle presidenzi­ali Usa, Gary Johnson. Intervista­to in tv, chiese «What’s Aleppo?» al giornalist­a che lo intervista­va
Sama, nel settembre 2016, fotografat­a da sua madre in una delle strade di Aleppo, con un cartello che ironizza sulla gaffe dell’allora candidato alle presidenzi­ali Usa, Gary Johnson. Intervista­to in tv, chiese «What’s Aleppo?» al giornalist­a che lo intervista­va

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