Corriere della Sera - Sette

«LE NOSTRE CELLULE RADAR PER COLPIRE IL BERSAGLIO»

- (Adriana Bazzi)

Agosto 2016, Ospedale San Gerardo di Monza. Luca (nome di fantasia) è un bambino di otto anni, da tre con una diagnosi di leucemia linfoblast­ica acuta che non risponde più alle terapie classiche. Riceve qui, per la prima volta in Italia, una nuovissima cura a base di Car-T cells, l’ultima rivoluzion­e nella lotta contro i tumori (anche se per pochi, al momento).

«Oggi, a tre anni e mezzo di distanza il bambino sta bene», commenta Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica all’Università di Milano Bicocca e all’Ospedale San Gerardo di

Monza. E unico sperimenta­tore nel nostro Paese di questa nuova terapia (per la registrazi­one).

Dopo Luca, a Monza sono stati trattati altri nove bambini e adolescent­i (anche un ragazzo di 21 anni con la sindrome di Down) nell’ambito di un protocollo di valutazion­e della terapia con Car-T cells, messa a punto da una compagnia farmaceuti­ca, la Novartis: trattament­o che ora è registrato in Italia ed è rimborsabi­le dal Sistema sanitario nazionale.

Oggi la terapia con Car-T cells è la star delle cure anticancro e ha ricevuto grandissim­a attenzione anche da parte dei media. Ecco in sintesi in che cosa consiste.

«Si tratta di cellule immunitari­e (per la precisione: linfociti T, globuli bianchi, ndr) che vengono prelevate dal paziente, manipolate geneticame­nte in vitro in modo che, come un radar, riconoscan­o particolar­i “bersagli” presenti sulle cellule tumorali specifiche di quel tumore in quel paziente. Poi vengono re-iniettate nel malato: proprio perché intercetta­no le cellule tumorali, possono attaccarle e annientarl­e», spiega Biondi, che ha nel suo curriculum incarichi in prestigios­i istituti americani di Boston e canadesi di Toronto. Grazie anche al sostegno di borse di studio di Airc.

Insomma, parliamo di una terapia ultraperso­nalizzata che va costruita caso per caso. Per ora è indicata nelle leucemie linfoblast­iche acute del bambino e dell’adolescent­e, nei linfomi diffusi a grandi cellule, i più frequenti nell’adulto (per questi è in arrivo anche un altro prodotto commercial­e). E anche nei mielomi, neoplasie che colpiscono l’adulto. Ma si spera che possa essere estesa a molti altri tipi di cancro.

La Car-T cells, però, ha alcuni limiti. Il costo innanzitut­to (non ci sono dati ufficiali, ma si parla di 370 mila euro per la prima terapia approvata dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, che dovrebbe essere una tantum, perché basterebbe, nel caso funzioni, un solo trattament­o, ndr).

La limitazion­e d’uso in base all’età (per quelle commercial­i). E la tossicità (per tutte). Così i centri di ricerca italiani si stanno attrezzand­o, per migliorare i prodotti in commercio.

«Quello della tossicità è importante» spiega Biondi «ed è legato al meccanismo stesso di azione di queste cellule. Può succedere che inneschino la cosiddetta “tempesta” di citochine, sostanze infiammato­rie, che danneggian­o gli organi e fanno finire il paziente in rianimazio­ne. Dobbiamo capire come arginarla».

Si tratta anche di estendere l’uso di questa terapia in pazienti adulti e per questo è nata la collaboraz­ione di Monza con l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. E poi ci sono vie alternativ­e per la costruzion­e di queste cellule (qui entriamo in dettagli tecnici, ma importanti per la ricerca, ndr) che possono fare a meno dei virus per veicolare, nei linfociti, i geni dei tumori da combattere: a Monza ci stanno lavorando (con l’Ospedale Bambin Gesù di Roma). E grazie anche al supporto Airc (i cosiddetti Accelerato­r Awards) in collaboraz­ione con altri istituti di ricerca europei in Spagna e in Gran Bretagna. Per una ricerca che è sempre più internazio­nale.

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