«EPIGENETICA. E IL TUMORE NON PUÒ PIÙ NASCONDERSI»
A pagina 114 del libro Il corpo anticancro si legge: «Anche grazie al supporto dell’Airc, motore fondamentale degli studi di base nel nostro Paese, un gruppo di ricercatori, coordinati da Michele Maio, ha ottenuto molte prove del fatto che i farmaci epigenetici, tra le loro molteplici attività biologiche, hanno quella di rendere più visibili le cellule neoplastiche al sistema immunitario». Estrapolato dal contesto è un linguaggio scientifico, difficile, che andremo a spiegare.
Ma intanto: il libro porta la firma di Michele Maio, un’autorità mondiale nel campo dell’immunoterapia dei tumori. Dirige a Siena il Centro di Immunoncologia al Policlinico Le Scotte (il primo e unico in Europa) ed è professore di Oncologia all’università; è il pioniere delle cosiddette terapie epigenetiche, la nuovissima sfida nella lotta al cancro, e fin dall’inizio della sua carriera ha visto al suo fianco la Fondazione Airc come “finanziatrice” delle sue ricerche.
«È con una borsa di studio dell’Airc che, subito dopo la laurea, ho potuto lavorare negli Stati Uniti, a New York, dove sono stato cinque anni, occupandomi di vaccini antitumorali» racconta lo scienziato che si sente ancora oggi newyorkese, friulano (perché ha lavorato anche a Pordenone
al Centro di Aviano) e senese (dove poi è approdato), senza però dimenticare le sue origini napoletane.
Ed è proprio in quegli anni (era la fine degli Ottanta) che si accende nella sua testa di ricercatore la scintilla dell’immunoterapia: l’idea era quella di aiutare il sistema immunitario del corpo umano a difendersi dalla malattia. Rientrato in Italia, decide di portare avanti questo genere di studi, in cui quasi nessuno credeva, ancora grazie al supporto di Airc che, racconta Maio, «nella sua visione ha sempre preso in considerazione anche la ricerca “non di moda”...».
L’immunoterapia dei tumori, nel frattempo, si è sviluppata, è diventata una star delle cure, garantisce oggi, in una certa percentuale di pazienti con tumori diversi, sopravvivenze impensabili fino a qualche anno fa ed è stata la motivazione del premio Nobel del 2018, assegnato a due ricercatori del campo: l’americano James Allison e il giapponese Tasuku Honjo.
Ma intanto Maio sta guardando avanti, alla cosiddetta epigenetica, appunto. «Studi che risalgono a sette o otto anni fa (quelli cui si fa riferimento nel libro, ndr) hanno dimostrato che i tumori sono in grado di rendersi “invisibili” al sistema immunitario grazie ad alterazioni cosiddette epigenetiche», spiega Maio. «Si tratta di alterazioni chimiche del Dna delle cellule tumorali che non coinvolgono la struttura di quest’ultimo, ma interagiscono con le difese immunitarie antitumore».
Ecco la necessità di contrastare le modificazioni chimiche e rendere di nuovo il tumore “visibile” al sistema immunitario. Come? Con i farmaci epigenetici, capaci di azzerare queste modificazioni chimiche, e con i cosiddetti immunoterapici che aiutano il sistema immunitario a difendersi contro i tumori.
«Stiamo portando avanti un progetto con altri centri italiani», spiega Maio. «E il risultato, al momento, è la pubblicazione di uno studio preliminare, il primo al mondo (su Immunotherapy), che sfrutta un farmaco epigenetico (la guadecitabina) con un farmaco immunoterapico (l’ipilimumab) in pazienti con melanoma metastatico: i risultati sono promettenti. «Il passo successivo», precisa Maio, «è uno studio che partirà all’inizio del 2020 in pazienti con tumori polmonari e melanoma dove la immunoterapia non ha funzionato».
E, anche in questi casi, al suo fianco, c’è sempre l’Airc.
(Adriana Bazzi)
I PROGETTI/2
Michele Maio circondato dai giovani ricercatori e ricercatrici del suo team