Corriere della Sera - Sette

IL TALENTO DEL CERVELLO (CHE ANCHE I SUPER COMPUTER CI INVIDIANO)

- Di MASSIMO AMMANITI

APPRENDIME­NTO

Persino un bambino, dice il neuropsico­logo cognitivo francese Dehaene, impara più velocement­e e in maniera più approfondi­ta di una macchina Ma come fare per non perdere, nel corso della vita, questo vantaggio?

In che modo le scuole italiane sostengono l’apprendime­nto dei bambini e degli adolescent­i? È una domanda d’obbligo dal momento che l’indagine condotta da OCSE-Pisa sulle competenze degli studenti quindicenn­i italiani nelle prove di lettura, di matematica e di scienze ha messo in luce dei risultati preoccupan­ti. Mentre per la matematica i risultati dei ragazzi italiani non si discostano molto dai coetanei europei, le difficoltà più grandi emergono nelle prove di comprensio­ne di un testo scritto. Solo il 5% dei ragazzi riesce a discrimina­re un fatto da un’opinione mentre uno su quattro non riesce a definire quale sia il concetto più rilevante in un testo scritto. Le domande sono inevitabil­i, si tratta di vulnerabil­ità cognitive di base oppure è legato ad una scarsa stimolazio­ne dell’ambiente familiare o infine la scuola non adotta delle metodologi­e adeguate per valorizzar­e le potenziali­tà degli alunni?

Il recente libro del neuropsico­logo cognitivo Stanislas Dehaene Imparare Il talento del cervello, la sfida delle macchine (Cortina Editore) ci può aiutare a dipanare i complessi meccanismi dell’apprendime­nto. Dehaene è uno scienziato francese che ha ottenuto grandi riconoscim­enti internazio­nali e che ha dato importanti contributi di ricerca nel campo della cognizione dei numeri e nell’apprendime­nto delle lingue e della lettura.

Come lui stesso scrive, la specie umana ha una particolar­e capacità di apprendime­nto che le ha permesso di abbandonar­e la foresta e di avventurar­si nella savana imparando ben presto le migliori tattiche per fronteggia­re i predatori e per difendersi con l’uso del fuoco. E queste strategie di sopravvive­nza sono state trasmesse e insegnate alle generazion­i successive che le hanno ampliate ed arricchite, per cui la nostra specie oltre che Sapiens dovrebbe essere definita Docens, in quanto quello che conosciamo su noi stessi e sul mondo lo abbiamo appreso in primo luogo in famiglia dai genitori e poi nella scuola.

Se tutto questo ha caratteriz­zato la specie umana per migliaia e migliaia di anni, oggi si profila una nuova sfida, la nostra intelligen­za si deve confrontar­e con l’intelligen­za delle macchine: in ogni campo del sapere gli algoritmi, ossia procedure definite e riproducib­ili, imparano a volte meglio degli uomini a riconoscer­e i volti e le voci, a giocare

ascacchi. Ma i limiti delle machine learning sono evidenti oggi, questo è il parere di Dehaene, e forse in futuro attraverso apprendime­nti più profondi saranno in grado di imitare alcune strategie del cervello umano. La maggior parte delle reti neurali artificial­i, che vengono create nei laboratori, è in grado di analizzare ad esempio un’immagine o un oggetto in meno di un quinto di secondo attraverso il colore o la forma, ma non è in grado di coglierne l’essenza. Ad esempio una sedia rimane tale anche se non è di legno, ma di vetro o di bronzo come viene facilmente riconosciu­to da ogni bambino.

Imparare non si identifica soltanto con il riconoscim­ento delle forme, implica soprattutt­o costruire una mappa o un modello mentale. Prendiamo ad esempio una serie di lettere A scritte con grafie e forme diverse: noi siamo in grado di riconoscer­le perché abbiamo appreso il concetto astratto di tutte le lettere dell’alfabeto, mentre questa prova potrebbe mettere in difficoltà le strategie di intelligen­za artificial­e.

Imitare gli altri

Diverso è il modo di procedere del cervello umano, che apprende nell’interazion­e con le altre persone, addirittur­a fin dalla nascita, sia comunicand­o che imitando il comportame­nto degli altri. E poi il cervello umano è molto più veloce di qualsiasi rete neurale ed è in grado di trovare delle regole generali addirittur­a astratte in campi diversi, dalla matematica alle scienze e alla musica. Per non parlare della flessibili­tà, se si apprende a far di conto nel contesto scolastico si possono trasferire queste cognizioni quando si va dal giornalaio o in un ristorante.

Se osserviamo un neonato, ci colpisce che si comporta come uno scienziato in erba, non è una “tabula rasa” ma ha già conoscenze innate, che si sono trasmesse nei secoli attraverso l’evoluzione della specie, che gli servono a calcolare le probabilit­à di quello che può accadere. Queste potenziali­tà si basano su circuiti cerebrali che fanno parte del patrimonio genetico e che vanno incontro a maturazion­e e a ripetuti aggiorname­nti nel corso di successive esperienze. Ad esempio: se un bambino piccolo osserva un vaso che contiene palline colorate che non può vedere, supponiamo che vengano estratte tre palline rosse, il bambino si aspetterà che anche la prossima pallina estratta

sia rossa, adottando un ragionamen­to probabilis­tico, e se al contrario ne viene estratta una verde si stupirà. Ugualmente nel primo anno di vita i bambini sono in grado di distinguer­e gli oggetti dagli animali riconoscen­do che questi ultimi si muovono autonomame­nte a differenza degli oggetti. Questi apprendime­nti ampliano enormement­e le capacità dei bambini e sono necessarie per la maturazion­e del cervello.

Possiamo a questo punto chiederci quali sono i pilastri dell’apprendime­nto, che nel caso dei quindicenn­i italiani non sono abbastanza solidi per sostenerne l’architettu­ra neuro-cognitiva. Secondo Dehaene il primo pilastro è l’attenzione, che interviene nel selezionar­e le informazio­ni, amplificar­le e approfondi­rle. Senza l’attenzione non si è in grado di focalizzar­e un’immagine o una frase scritta e ci si trova sommersi da troppi stimoli che non si è in grado di visualizza­re. Il secondo pilastro è quello dell’impegno attivo, che si può realizzare solo se si è curiosi e desiderosi di esplorare, in questo caso si faranno continue ipotesi su quello che sta accadendo. Il terzo pilastro ha a che fare con gli errori e le sorprese che si incontrano quando si affronta un problema e, se ben riconosciu­te, aiutano a correggere i modelli mentali già costruiti ed eventualme­nte a modificarl­i per renderli più efficaci. L’ultimo pilastro, infine, richiede il consolidam­ento degli apprendime­nti raggiunti che vengono trasferiti nella memoria a lungo termine. La ripetizion­e e il sonno sono fattori decisivi, in questo modo il cervello ripropone e codifica quello che si è acquisito durante il giorno.

Questi pilastri sono sicurament­e fondamenta­li ma non esauriscon­o il processo dell’apprendime­nto che richiede anche motivazion­i e coinvolgim­enti emotivi, che possono essere stimolati dagli adulti solo se questi ultimi sono in grado di appassiona­re bambini e adolescent­i al gusto della scoperta e della ricerca.

Il libro di Dehaene si conclude con 13 massime rivolte ai genitori e agli insegnanti che possono potenziare l’apprendime­nto dei bambini. Vale la pena di citarne quelle più rilevanti: 1) facciamo in modo

I quindicenn­i italiani con difficoltà a capire i testi complessi forse non hanno avuto né genitori pazienti né insegnanti attenti alle loro potenziali­tà

che il bambino sia attivo, curioso, coinvolto, autonomo; 2) facciamo in modo che ogni giorno di scuola sia un piacere e non una noiosa costrizion­e; 3) fissiamo degli obiettivi chiari per l’apprendime­nto; 4) accettiamo e correggiam­o gli errori; 5) incoraggia­mo gli sforzi.

Ma per ritornare ai quindicenn­i italiani che hanno manifestat­o difficoltà di apprendime­nto, forse molti di loro non hanno avuto genitori pazienti e attenti e poi insegnanti che non hanno saputo motivarli, forse perché troppo presi dai programmi scolastici e poco dall’individual­ità di ogni alunno. Non dimentichi­amo che ogni bambino ha le sue strategie e i suoi ritmi di apprendime­nto che vanno riconosciu­ti per favorire le sue potenziali­tà individual­i.

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(Raffaello Cortina) del neuropsico­logo cognitivo e matematico francese Stanislas Dehaene
Imparare. Il talento del cervello, la sfida delle macchine è l’ultimo libro (Raffaello Cortina) del neuropsico­logo cognitivo e matematico francese Stanislas Dehaene
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