Un A.I.U.T.O. per le parole dell’anno
Le parole dell’anno appena trascorso potrebbero essere innumerevoli e, fra le tante, mi permetto di segnalare – in forma enigmistica – le seguenti: Avvelenamento, Indecenza, Umiliazione, Turbolenza, Ottenebrazione. Distinti saluti e... Buon Anno!
Gabriele Scarano gabriele.scarano@alice.it
CARO GABRIELE, dall’acrostico che ha mandato capisco che la sua visione dell’anno passato non è proprio positiva: a maggior ragione, apprezzo e ricambio – estendendolo a chiunque segua questa rubrica – l’augurio di un bel 2020! Passando agli aspetti linguistici, è evidente che la sua selezione è dettata non dalla forma delle parole ma dal loro senso; tutta sbilanciata sul significato a scapito della loro forma: di quello che tecnicamente si chiama il «significante».
Quando i linguisti scelgono le parole dell’anno, invece, lo fanno soprattutto per la loro forma: per la formazione, provenienza, circolazione di quelle parole. Con una particolare attenzione a parole che per uno o più di questi aspetti possono essere considerate nuove. La novità, beninteso, può riguardare proprio il significato: tipico il caso della parola «sardine», che negli ultimi mesi è passata a indicare – diventando di gran moda – un movimento politico.
È sulla base di questi criteri che, con il consueto acume, Licia Corbolante ha individuato nel suo blog Terminologia etc. diverse categorie di parole dell’anno. Rimanendo al significato, c’è la nuova accezione di «lenzuolata» come insieme di lenzuoli esposti alle finestre in segno di protesta. Riguardo alla forma, il femminile «capitana» di cui abbiamo già parlato qui durante i mondiali femminili di calcio dell’estate scorsa. Per la provenienza, un occhio particolare va all’inglese: c’è quello che Corbolante chiama «inglese farlocco» (foodtelling è una parola che in inglese non esiste, ma è usata solo in Spagna e in Italia), l’«anglicismo frainteso» (revenge porn come pornovendetta) e c’è il verbo blessare, impiegato nei social al posto di allietare, rallegrare.
Che fine fanno i neologismi?
Ma quante di queste parole, tutte a vario titolo interessanti, rimarranno nell’uso? Di quante avremo ancora memoria fra trent’anni? Come ricorda Valeria Della Valle nel volume dedicato ai Dizionari in edicola questa settimana per la collana del Corriere della Sera “Le parole dell’italiano”, nel 1990 furono pubblicati ben due dizionari di neologismi: il Dizionario delle nuove parole italiane di Augusta Forconi e le 3000 parole nuove di Osvaldo Lurati. Accanto a parole poi entrate nell’uso, come domotica o benaltrista, c’erano tantissime parole-meteora (come nota Vittorio Coletti, autore del prossimo volume sulle Parole antiche): galoppinaggio, giovanologo, rompiscatolistico, telecomandite, anche il videota di Luciano Satta che anticipava il webete di Enrico Mentana. D’altra parte, come ricorda Giovanni Adamo nel suo Parole nuove (quinto volume in uscita con la collana), una delle funzioni dei dizionari di neologismi è proprio quella di documentare anche parole ed espressioni che «per loro stessa natura appaiono effimere e occasionali».
A VOLTE È IL SIGNIFICATO DI UN VOCABOLO A ESSERE NUOVO, COME NEL CASO DI «SARDINE», ATTUALMENTE DI GRAN MODA