DOMINIK PARIS
«PER AVERE PIÙ ENERGIA AL CANCELLETTO SUONO E CANTO MUSICA METAL»
LO SCIATORE
Cittadino onorario di Bormio .A inizio dicembre, Roberto Volpato, sindaco del centro sciistico valtellinese, ha consegnato a Dominik Paris, 30enne campione di discesa e SuperG, le chiavi della città. Motivo? Le sue allora tre vittorie consecutive sulla pista Stelvio, uno dei tracciati più impegnativi dell’intero circuito della Coppa del Mondo. Quella stessa pista dove hanno vinto i grandi della velocità come Stephan Ebertharter, Luc Alphand, Lasse Kjus, Aksel Svindal, Christof Innerhofer, Bode Miller. Più l’austriaco Michael Walchhofer che era riuscito, tra il 2006 e il 2010, a salire tre volte sul grandino più alto. Ma Paris voleva di più, così nel weekend di fine 2019, il 27 e il 28 dicembre, ha conquistato altre due volte la vittoria sulla pista Stelvio, diventando, con cinque primi posti, lo sciatore più vincente sulla neve valtellinese.
«È un tracciato che si adatta molto alle mie caratteristiche», spiega senza celare l’emozione il campione azzurro. «È stato bello tornare lì dove tutto è iniziato e arrivare ancora due volte primo. Non me l’aspettavo perché c’è molta concorrenza. La pista di Bormio è difficile, ci sono diversi punti in cui si può sbagliare. Nello sci basta poco, è una questione di centesimi». Come si prepara un appuntamento così importante?
«Allenamento e concentrazione sono fondamentali».
E quando si arriva al cancelletto di partenza?
«Lì si sente anche la difficoltà di una pista come la Stelvio o come la Streif di Kitzbühel. Inizi a stare bene solo quando gli sci scorrono sulla neve, poco alla volta acquisti sicurezza e fiducia».
Ha citato un altro tracciato in cui ha vinto spesso: quattro primi posti è il bottino conquistato finora a Kitzbühel. Lo scorso novembre, durante un’intervista ai 7pm, gli aperitivi aperti al pubblico organizzati da 7
a Milano, la campionessa di discesa libera Sofia Goggia ha spiegato che tra le piste del circuito maschile, quelle che non si sentirebbe di affrontare sono la Stelvio e la Streif. Ha anche detto che in diverse occasioni le ha chiesto come fa a partire con quella pendenza sotto le punte degli sci: cosa le ha risposto?
«Che bisogna far scendere prima possibile la tensione per non sbagliare e allo stesso tempo lanciarsi “a tutta”, altrimenti il podio non lo vedi nemmeno. Insomma, si rischia. Ma nella nostra disciplina è sempre così, Sofia lo sa bene». Come mai ha scelto di specializzarsi in discesa libera e SuperG?
«Sono loro che hanno scelto me. All’inizio, come tutti, mi sono dedicato allo slalom e al gigante. Poi ho cominciato a vincere le gare di velocità e non mi sono più fermato». I suoi genitori non avevano paura vedendola scendere a cento all’ora su una pista ghiacciata?
«Mio padre no. Devo a lui la mia passione. Mamma all’inizio era preoccupata, adesso mi vede più sicuro e lo è anche lei».
Quanti anni aveva quando ha iniziato a sciare?
«A tre e mezzo mio padre mi ha messo ai piedi i primi sci: è stato subito amore! A sei ho iniziato a fare le gare e fino a 15 anni è stato un periodo di soddisfazioni. Crescendo, i primi lavoretti e le uscite con gli amici mi hanno un po’ distratto. Fino a quando, a 18 anni, ho trascorso un’intera estate in una malga svizzera a fare il pastore: al mio ritorno a casa avevo recuperato la determinazione che mi mancava. Da allora la mia vita è tornata a ruotare intorno agli sci».
Intorno agli sci, ma non solo.
«Certo, al centro del mio mondo ci sono la mia compagna Kristina e mio figlio Niko».
E della musica cosa mi dice…
«Mi aiuta. Dà qualità alla mia vita, è una passione fin da quando ero ragazzo. Canto in un gruppo, ci chiamiamo Rise OF Voltage».
Lei non è l’unico sciatore-cantante, la statunitense Mikaela Shiffrin suona la chitarra e canta.
«Per me la musica è un tramite per spostare lo stress accumulato durante le gare. Ascolto e suono rock, metal… ritmi forti, insomma che danno energia e aiutano a scaricare la tensione. Ci vuole forza e resistenza per stare sul palco con ritmi così tosti».
Torniamo a suo figlio: è pronto per fare come ha fatto suo padre e portarlo sulle piste?
Sorride. «Ha un anno e mezzo, è ancora presto, quando compirà tre anni inizieremo. Poi si vedrà…». Cosa bisogna fare perché un bambino si appassioni allo sci?
«È importante fargli conoscere tutto ciò che c’è oltre un tracciato. L’allenamento e la tecnica ci vogliono, ma lo sci è passione. Lo sci sono i salti, le piccole deviazioni nella neve fresca, lo slalom tra gli alberi. Attenzione non sto parlando di fuori pista, ma di tutto ciò che è a bordo pista, brevi sentieri tracciati che regalano quella componente di divertimenti che altrimenti sfuma».
Il posto più bello dove ha sciato?
«A 18 anni, ho trascorso un’intera estate in una malga svizzera a fare il pastore: al mio ritorno a casa avevo recuperato la determinazione che mi mancava. Da allora la mia vita è tornata a ruotare intorno agli sci»
«La scelta è limitata perché quando arriviamo in una località, proviamo e riproviamo solo la pista della gara, del resto vediamo ben poco purtroppo. Di certo un panorama come quello che si vede dal cancelletto di partenza di Wengen è difficile da trovare altrove».
Su quella pista lei non ha mai vinto.
«Ho sempre fatto molta fatica, è il tracciato più lungo del circuito, oltre due minuti e mezzo. Devi essere bravo e molto tecnico in alcuni passaggi. Confesso, mi piacerebbe salire anche lì sul gradino più alto del podio».
E allora incrociamo le dita. Oggi, 17 gennaio, sulla pista svizzera di Wengen si disputa la combinata alpina, domani la discesa libera. Quindi: concentrazione al cancelletto, poi giù “a tutta”.