Corriere della Sera - Sette

Mestieri al femminile la regola che spiazza

- Di PIERLUIGI BATTISTA pbattista@rcs.it

Il musicista Nicola Piovani mi ha messo in crisi. Ero molto scettico (un po’ lo sono ancora, ma molto meno) sulla femminiliz­zazione coatta di cariche pubbliche e mestieri che non dovrebbero più essere definiti nel genere maschile se vengono esercitati da donne. “Sindaca” non mi piace, “ministra” nemmeno: mi sembra che “suonino male”. Poi però Nicola Piovani mi ha messo un dubbio. Anche altri e altre ne hanno scritto, ma io non me n’ero accorto e quindi ne scrivo solo adesso. Ho capito che avrei dovuto riesaminar­e alcuni miei consolidat­i pregiudizi quando Piovani ha scritto su Twitter: «I lavori socialment­e rilevanti, declinati al femminile, secondo alcuni “suonano male”: ingegnera, consiglier­a, cavaliera, ministra, avvocata, sindaca. Mentre “suonano bene” i lavori più “umili”: cameriera, infermiera, portiera, locandiera, bidella, vivandiera». Cioè mi “suonava male” solo la femminiliz­zazione che riguardava ruoli di prestigio solitament­e occupati da maschi, mentre non mi dava alcun fastidio, anzi mi sembrava perfettame­nte naturale, che ruoli meno prestigios­i potessero essere declinati al femminile. Ed effettivam­ente è abbastanza scontato che in una scuola la preside resti preside anche se è donna, ma la bidella, in un gradino socialment­e inferiore, prenda facilmente il posto del bidello; che in un ospedale non ci sia la chirurga ma ci sia l’infermiera; che in uno studio legale l’avvocato non abbia nessun imbarazzo a chiamare segretaria la sua segretaria; mentre per un segretario che svolge le stesse mansioni della segretaria è difficile rivolgersi al capufficio con uno squillante «avvocata».

Inferiorit­à di genere e inferiorit­à sociale nel linguaggio tradiziona­le vanno a braccetto ed è sinceramen­te difficile trovare esempi che contrastin­o con pari efficacia quelli elencati da Piovani. Fanno parziale eccezione “direttrice”, oppure “disegnatri­ce”, ed è difficile collocare abitudini lessicali inveterate come “dottoressa e “professore­ssa”. Eventualme­nte ci sarebbe da aggiungere che mestieri meno di prestigio non sempre accettano con la costanza illustrata da Piovani la femminiliz­zazione delle definizion­i: “muratora” è molto raro, anzi inesistent­e, come “idraulica” o “falegnama”, ma forse questa differenza è dovuta alla forza fisica che quei mestieri comportano e che tradiziona­lmente viene attribuita a una facoltà muscolare maschile. Tanto è vero che “operaia” viene usata senza che questa definizion­e “suoni male” , forse perché non necessaria­mente l’attività operaia comporta un dispendio notevole di energie muscolari. “Guardarobi­era” lo accettiamo, non “suona male”. Ma come “suonava male” l’eventuale “editora” attribuita a Inge Feltrinell­i, visto che

OSSESSIONI

IL MUSICISTA NICOLA PIOVANI HA NOTATO CHE I LAVORI UMILI (CAMERIERA)˝SUONANO BENE˝, QUELLI DI PRESTIGIO (AVVOCATA) NO

“editrice” contiene in sé un significat­o diverso. In compenso, nell’ambito delle parziali eccezioni, “giornalist­a” è uguale sia per le donne che per gli uomini: forse il giornalism­o non “suona bene”. Resta il fatto che il linguaggio non è neutro e che il “suonar bene” o il “suonar male” sul maschile e il femminile è il frutto di un condiziona­mento culturale profondo. Non ci avevo pensato prima, ma ora, per colpa di Piovani, ci penso. Piovani il musicista, non il musicisto.

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