A 92 ANNI, CINQUE FIGLI AVUTI DA TRE MOGLI DIVERSE, CONTINUA A PUBBLICARE LIBRI. QUELLI IN USCITA SONO TRE...
in croato alcuni dei quali tradotti in una dozzina di lingue, ama la città dove ha scelto di vivere («la patria è là dove si prospera», scrisse Aristofane) come un pezzo della sua stessa vita.
Certo, non fu facile la sua scelta. «Dopo la Seconda guerra mondiale vi fu, ai nostri confini orientali, il noto – ma anch’esso malconosciuto o rimosso – esodo di circa 300 mila persone, quasi esclusivamente italiani, che abbandonarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia occupate dalla Jugoslavia e si recarono in Italia», scrisse trent’anni fa sul Corriere Claudio Magris, «ma ci fu anche un altro esodo alla rovescia, numericamente esiguo ma singolare, che ebbe una sorte ben più tragica di quella, pur amara e difficile, dei profughi istriani». Uno che nel momento sbagliato aveva scelto la parte sbagliata. Pagando cara la decisione.
«Ulissi oscuri», così li chiamò il grande scrittore triestino. E questo è stato per tutta la vita, Scotti. Un «Ulisse oscuro». Tradito nelle sue speranze giovanili («Non ho mai avuto ideologie, ho avuto ideali»), bastonato a più riprese per la sua attività giornalistica, additato come un comunista impenitente e poi come un rompiballe, costretto per qualche anno a tornare in Italia… Anzi, proprio lui fu tra i primi, se non il primo, a diffondere la storia di Goli Otok, l’Isola Calva, la piccola e bellissima isola dove Tito rinchiuse i suoi oppositori più fermi. Un inferno. Raccontato da Scotti in più libri, come Goli Otok. Ritorno all’Isola Calva o Il Gulag in mezzo al mare.
Compiuti i novantadue anni, fatti cinque figli con tre mogli diverse, ancora pieno di vita, il vecchio poeta di due golfi, il golfo di Napoli e quello di Fiume, invecchia sempre più carico d’amore per i nipotini. Ogni tanto pubblica un libro. Quelli in uscita sono tre. Ma ha intenzione di andare avanti… «Apple è la più grande società di dispositivi mobili al mondo, persino più grande di Nokia. Vogliamo iniziare il 2010 introducendo un prodotto magico e rivoluzionario». Jeans, dolcevita nero, già molto magro (morirà l’anno dopo), Steve Jobs battezzò così il primo iPad. Era il 27 gennaio 2010. Un altro mondo: Jobs stesso avrebbe faticato a immaginare che la sua società sarebbe arrivata a valere più di 1.300 miliardi di dollari, Nokia era ancora un marchio competitivo e superarlo strappava applausi. L’iPhone, però, aveva già rivoluzionato il mercato. È sulle sue orme che è nato iPad: stessa «magia», schermo più grande. Semplice. Oggi di dubbia utilità, si potrebbe contestare, vista la crescita della diagonale degli smartphone. Ma all’epoca era riposante per chi voleva guardare film, leggere libri e giornali o navigare in Rete. In realtà, grazie alla versione Pro, l’iPad sta vivendo una seconda giovinezza.
Alla faccia del
che 10 anni fa scriveva: «Comprare azioni sull’onda dell’entusiasmo per il tablet vuol dire mettere il carro delle mele davanti ai buoi».