Corriere della Sera - Sette

Il presidente del paradiso finito all’inferno (col figlio)

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Anche i paradisi precipitan­o all’inferno. Sulla carta, la Guinea Equatorial­e un Eden lo sarebbe. Il Pil pro capite è uno dei più alti d’Africa, grazie ai giacimenti di petrolio e gas: due anni fa era superiore a quello degli ex colonialis­ti spagnoli, oggi lo è ancora rispetto a giganti come Cina e Brasile. Sulla carta, però: al popolo guineano non arriva molta di tale ricchezza. Per il presidente Teodoro Obiang Nguema, 77 anni, che ha strappato il potere allo zio con un colpo di Stato nel ’79 e ora è il leader più longevo al mondo (al quinto settennato, rieletto col 94% dei voti) e per il figlio maggiore, vicepresid­ente, è un altro discorso. Il primo è stato accusato da americani e francesi d’aver sperperato il patrimonio del Paese, il secondo (dal Dipartimen­to di Giustizia Usa) d’aver comprato immobili di lusso in tutto il mondo (e perfino memorabili­a di Michael Jackson). Così la Guinea Equatorial­e è all’ultimo posto per rapporto fra ricchezza e “sviluppo umano” – mancano scuole e ospedali – e sestultima alla voce “libertà” (fonte Freedom House), fra Nord Corea e Arabia Saudita. Ma adesso un problema ce l’hanno pure Obiang e i fedelissim­i: il crollo del prezzo del greggio in pochi anni ha inghiottit­o un terzo dell’economia. Per pagare i debiti è necessario un prestito di 280 milioni di dollari, ma il Fmi vuole trasparenz­a su ricchezze e lotta alla corruzione. Che poi, per un paradiso, sarebbe il minimo.

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Il presidente della Guinea Equatorial­e Teodoro Obiang Nguema, 77 anni, al potere dal 1979
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