Corriere della Sera - Sette

Il business che accelera proprio negli anni di crisi

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Ottantacin­que miliardi di euro. Una montagna di denaro. Tanto spendono gli italiani per mangiare fuori casa, con un trend in costante aumento. Circa 1.500 euro pro capite all’anno, secondo un´indagine condotta da

Cna Agroalimen­tare e Cna Turismo e Commercio tra gli associati alla Confederaz­ione. Una cifra che rappresent­a una fetta rilevante dei consumi italiani. Con una significat­iva ricaduta sul mercato del lavoro. Negli ultimi cinque anni, informa la Camera di Commercio di Milano, il comparto del “food & drink” ha permesso e generato una nuova assunzione su cinque. Dati economici importanti con radici nel mutamento epocale delle abitudini alimentari degli italiani. In particolar­e, dell’incremento registrato dal consumo di pasti al di fuori delle mura domestiche, cresciuto in maniera esponenzia­le nell’ultimo quarto di secolo con una forte accelerazi­one proprio negli anni della crisi. (Is. Tr.)

sempre il naso affondato in un libro, cosa sorprenden­te per lei che da buona donna del Sud aveva letto solo Via col vento, e che la costrinse in analisi infliggend­ole un immediato senso di inferiorit­à e minando la sua autostima: «Era un vero stronzo e un dominante» dirà poi Ava in The Secret Conversati­ons, biografia pubblicata nel 2013, 23 anni dopo la sua morte (25 gennaio 1990).

Meglio, ma solo in apparenza, andò con il terzo marito e il grande e mai finito amore della sua vita, Frank Sinatra: si amarono fra liti leggendari­e, forse troppo simili per restare insieme: «Una volta mia sorella Bappie mi disse: “Sei Frank in gonnella”. Aveva ragione. Ma come si poteva resistere a Frank?». Attrice a tratti anche brava, ma riluttante come l’ha definita il critico storico del New Yorker, David Denby, Ava puntava più che altro a fare della sua vita un capolavoro, e a viverla, come cantava Frank, My way, senza alcun rimpianto.

Bella di una bellezza che rasentava la perfezione, Ava incantò un giovanissi­mo Masolino D’Amico, critico e scrittore che la incontrò per la prima volta a 17 anni, al Festival di Spoleto, dove accompagna­va la mamma, la sceneggiat­rice Suso Cecchi D’Amico: «Sulla bellezza che mi tramortì, le conferme sono clamorose. Ava Gardner non fu solo bellissima, fu bellissima da subito, e in un modo tale che non le consentì quasi di diventare nient’altro». Il genio di Man Ray, che la ritrasse negli anni Quaranta in una foto che compare in mostra al Gagosian di Beverly Hills (aperta fino al 17 febbraio), la rese una sfinge di profilo.

Anche la sua mente era acuta e creativa e, nella biografia postuma del 2013 che volle dettare al giornalist­a Peter Evans, i giudizi sui suoi tanti spasimanti, esauditi, consumati per una notte, o brutalment­e respinti, sono sempre taglienti: Humphrey Bogart era un piccolo bastardo, Aristotele Onassis uno stronzo allupato, Howard Hughes un razzista puzzolente, Mickey Rooney un traditore cronico e l’amato Frank a suo dire “un dio arrogante che puzzava di sesso”. Chissà se è stata anche felice. Di sicuro fu spietatame­nte sincera anche con se stessa: «Il successo ti dà tutto quello che non hai mai voluto».

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