Fuga da Reuma Park, Chiedimi se sono felice.
Sono tempi in cui si litiga molto e si ride poco. La polarizzazione di idee e opinioni lascia una traccia di veleno che appesantisce l’aria, il politicamente corretto ha fatto il resto. Dio è morto, Marx è morto, e anche la comicità non si sente tanto bene: «È paradossale, viviamo l’epoca in cui c’è la maggior cattiveria, la peggior rabbia e la più veloce corsa all’insulto che si sia mai vista nella storia dell’umanità, eppure certi argomenti non li puoi toccare. Un comico deve essere libero: alla fine quello che conta e fa la differenza è la risata. Se dici una cosa cattiva ma fai ridere hai vinto tu».
Aldo, Giovanni e Giacomo surfano da quasi trent’anni sulle onde del comico, sono stati più volte campioni di incassi se sono felice sfiorò i 30 milioni di euro) e hanno vissuto momenti meno felici
Reuma Park non arrivò a 3 milioni). Riflette Giovanni: «Il politicamente scorretto deve sposarsi con il talento perché se no diventa solo insulto». Aggiunge Giacomo: «C’è tanta ipocrisia sul tema. A noi gli animalisti ci misero in croce perché prendevamo a calci un gatto — ovviamente finto — nella Banda dei Babbi Natale. Nello stesso film sedavamo con una puntura la suocera e la buttavamo in un cassonetto, ma quegli stessi animalisti non si sono indignati». La differenza sta nelle associazioni, quella
Per quattro anni sono stati in silenzio, tanto è vero che qualcuno aveva parlato di crisi. Con del 2016, incassarono solo 3 milioni, contro i 30 di Ma ora il trio comico torna: il loro nuovo film esce il 30 gennaio. «Viviamo l'epoca in cui c'è la maggior cattiveria che si sia mai vista nella storia dell'umanità, eppure certi argomenti non li puoi toccare. Però un comico deve essere libero. Se dici una cosa cattiva, ma fa ridere, hai vinto tu»
delle suocere non esiste ancora... «perché muoiono tutte prima» (ancora Giacomo).
Una domanda non ha risposta: è più difficile far ridere oggi piuttosto che un tempo? «Viviamo un periodo molto diverso da quando abbiamo iniziato, è cambiato tutto: il pubblico e l’offerta. Oggi hai molta più scelta, c’è maggior competizione. Sono cambiati i mezzi, i giovani frequentano di
stessa spiaggia, stesso mare, ma soprattutto stessa casa in affitto a causa di un equivoco.
C’è il precisetto organizzatissimo ma con un’attività in proprio fallimentare (l’ossessivo compulsivo Giovanni); c’è il dentista di successo (un Giacomo in versione milanese imbruttito, «pago e pretendo»); c’è l’ipocondriaco nullafacente con la passione per Massimo Ranieri.
Aldo è il proletario del gruppo: «Vivo in ciabatte, mi piace essere servito, sembra che comandi io, ma in realtà è mia moglie che ha tutto in mano e manda avanti la baracca. Il mio personaggio è un uomo che si spaventa della vita, non ha il coraggio di affrontarla,
«Abbiamo sondato altre possibilità, e poi con questa bella storia ci siamo ritrovati come ai vecchi tempi. Sono tanti anni che lavoriamo insieme, è normale che subentri un po' di insofferenza, un po' di routine»
non si mette in gioco, trova 100 scuse per non fare niente: impersono il classico terrone che non ha voglia di lavorare».
Giovanni fa parte di quella piccola borghesia in crisi: «Sono un bottegaio di stirpe, ho un negozio ormai legato a un lavoro che si estingue, probabilmente sarò costretto a chiudere e mi porto nell’animo questa sofferenza. Sono come sempre il rompiscatole del gruppo, ho un’anima ossessiva, un cinismo sborone che mostra la mia natura milanese».
Un aspetto del carattere che — al netto della differenza di ceto sociale — tocca anche Giacomo, che mescola realtà e finzione: «Sono nato a 30 chilometri da
Milano, ma una volta che arrivi qua ti integri, capisci l’aria che tira... Sono dedito al lavoro: lavoro tanto, troppo, guadagno bene, sono un dentista affermato, ma questo non toglie gli attriti in famiglia, una famiglia moderna, con un figlio acquisito avuto da mia moglie in una relazione precedente».
Tre culture differenti, tre angoli opposti, che devono confrontarsi in una convivenza forzata, dall’alimentazione, al modo di affrontare le vacanze.
Tutto converge in una direzione, far ridere: relazioni sociali (le dinamiche tra i tre), relazioni economiche (le differenze di portafoglio), relazioni famigliari.
«Ci manca un po’ di quella follia della vecchia tv, in alcuni momenti si creavano tante situazioni assurde e impensabili, divertenti e magiche, che davano grandi stimoli. Una volta c’era la possibilità di fare quello che volevi, oggi manca un contenitore che ti possa dare spazio ed esaltare».
Partiti dai teatri, la loro comicità ha molteplici ispirazioni e modelli: «Nasce da quando abbiamo messo i piedi in questo lavoro — riflette Aldo —. Paolo Rossi era già un punto di riferimento quando abbiamo iniziato, ma penso anche ai Gatti di Vicolo Miracoli, alla Smorfia. Abbiamo cominciato con le maschere, i mimi, facevamo clowneria, siamo stati folgorati dal teatro europeo comico e poetico degli anni 70 e 80: siamo stati contaminati da un miscuglio di influenze, Jango Edwards, Bolek Polivka, i Mummenschanz, più avanti i Blue Man Group... Oggi non c’è niente di geniale e nuovo, ci sono persone brave e di talento, ma non un movimento artistico paragonabile a quello di allora; all’epoca eravamo digiuni di tutto, quindi tutto era più sorprendente: il teatro di immagine — fisico ma anche comico — è stato una fonte di ispirazione fondante e fondamentale». Cosa vi lega da sempre? «La chimica, l’affinità, l’alchimia naturale, la voglia di far ridere. E anche la diversità, ognuno è diverso dall’altro, ma quest’unione di pezzi differenti genera la nostra comicità». Se sono in disaccordo vale la maggioranza, ma soprattutto la persuasione: «Devi essere bravo a convincere gli altri della tua idea. In questo siamo testardi uguali e permalosi allo stesso modo».