«Maschio, mi sento femmina» Cosa fare se sono bambini?
«Per me che sono sua madre è importante far sapere al mondo che mi farebbe piacere se si usassero i pronomi corretti nel riferirsi a lei» dice Charlize Theron parlando della figlia transgender Jackson, adottata nel 2012 in Sudafrica. Oggi Jackson ha sette anni, e all’età di tre anni ha detto: «Non sono un maschio».
Sta succedendo principalmente in America, tanto che qualcuno parla di moda. Precauzione contro il bullismo e l’aumento di suicidi tra i preadolescenti, ribattono quelli a favore. Da qui bambini di sei-sette anni sottoposti a cure ormonali per la transizione di genere, comunque reversibile. Ovvero: nasci maschio, ti senti femmina. Ormoni a sei anni. A dodici ci ripensi, torni maschio.
Ryland, nata femmina, che per problemi di sordità inizia a parlare in ritardo, intorno ai sei anni, rivendica: «Voglio chiudere il buco sotto».
«Quando mi cadrà il pisellino?» chiede Lorenzo, quattro anni. Siamo in Italia, Alatri, provincia di Frosinone. A sette anni chiedeva a Babbo Natale di farlo svegliare bambina, racconta la madre. Va detto che in Italia ancora non ci sono casi di transizione infantile, come invece in America. Eppure ci sono, e sono tantissimi, bambini che non si sentono del sesso di nascita.
Così Michele – nome di fantasia – 8 anni, Roma. Michele che si fa la doccia vestito pur di non vedersi. Che gioca con le Barbie, e si trucca di nascosto, per apparire in cucina alla famiglia: sorpresa!
«La prima volta non sapevamo come reagire» dice la madre, 40 anni, insegnante. «Se all’inizio era qualcosa di gioioso, vestiti, bambole, una questione prevalentemente di gusti, poi è diventato altro». Ed è successo il giorno che ha trovato Michele, pantaloni abbassati, forbici in mano. Da lì lo psicologo, la diagnosi di disforia di genere. Contrari alla cura ormonale, i genitori di Michele preferiscono far capire al figlio il concetto di diversità – dicono. Parlare di variazione e non di anormalità, uscire dal sistema binario maschio/femmina, esistono tantissime sfumature, vanno solo spiegate. Per fortuna la società sta cambiando, c’è maggiore sensibilità – garantisce la mamma di Michele. Per esempio a scuola, a parte una situazione spiacevole, non ci sono stati problemi. I compagni lo accettano per quello che è, le amiche gli regalano vestiti per Emma, la bambola a cui Michele ha dato il nome che un giorno sarà suo.
Insomma, ci sono alternative alle cure ormonali, alla transizione precoce.
Quindi la madre accenna alla situazione spiacevole – subito risolta, ribadisce: dei bambini hanno spogliato Michele nel bagno della scuola, e gli hanno fanno scritte sul corpo. Sulla schiena, sulla pancia. Scritte come “ciao”, “addio”. Disegni quali un sole, un fiore. Un cerchio rosso intorno al sesso. Escluso questo episodio prontamente punito dagli insegnanti, la vita di Michele procede tranquilla. A casa e fuori, dice la madre. (A conferma che niente è risolto, e di quanto sia difficile prendere posizione sulla questione ormoni o no ai bambini).
CHARLIZE THERON E LA FIGLIA ADOTTIVA TRANSGENDER: «VORREI CHE USASSERO PER LEI I PRONOMI CORRETTI»