CALA LA NOTTE E SULLE PISTE INIZIA IL LAVORO DEL GATTISTA
Il ritrovo è alla chiusura degli impianti. Saliti sul battipista, si procede a oltranza, fino a quando i tracciati sono pronti. «Non abbiamo orari, tutto dipende dal meteo», spiega Andreas. Che sul suo lavoro aggiunge: «Per farlo devi amare la montagna e usare le orecchie»
«Anche se siamo un po’ maschiacci sappiamo essere molto dolci». Andreas guarda dritto davanti a sé, gli occhi azzurri puntati sul candido manto nevoso, le mani che si muovono come quelle di un prestigiatore, rapide e sicure. Siamo a bordo di un gatto delle nevi, un veicolo pesante come un tir che lui guida con la dolcezza di una mamma che accarezza un neonato. La pista è quella delle Drei Zinnen Mountain Club, un complesso sciistico altoatesino che deve il nome alle tre cime di Lavaredo che lo punteggiano. Immense, hanno guglie merlate che ricordano una cattedrale di pietra e guardano il fondovalle con un’imponenza che gli è valsa l’iscrizione nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Candidi disegni
Questa però non è una storia di montagne ma degli uomini che ogni giorno, o meglio ogni notte, disegnano quelle cattedrali di pietra. Andreas infatti è un gattista, un mestiere poco noto, che si muove nell’ombra, ma fondamentale per chi ama gli sport invernali. A bordo del suo gatto delle nevi costruisce quelle piste che vengono affrontate dagli sciatori: è un silenzioso venditore di sogni che, senza farsi vedere né sentire, ricrea quei percorsi che verranno solcati da sci e snowboard, su cui qualcuno impara a muovere i primi passi e altri, i campioni, vincono medaglie. Unica avvisaglia della presenza dei gattisti sono le luci che vediamo di notte in vetta. «Questo non è un lavoro, è una passione», racconta. Lo accompagniamo nel rifugio insieme ad altri dipendenti della Prinoth, produttore di gatti delle nevi (o per meglio dire battipista) che da Vipiteno, in provincia di Bolzano, ha conquistato il mondo lavorando alle piste dei giochi olimpici invernali di Lillehammer (1994), Nagano (1998), Torino (2006), Sochi (2014), già pensando a Pechino 2022. Sono solo le 16 ma è come se fosse notte inoltrata. Seduti intorno a un grande tavolo circolare fanno il punto sul lavoro odierno, si confrontano, scherzano. C’è chi beve acqua, chi si concede un tè o al massimo un caffè. Di bombardini e alcolici neanche l’ombra. Per lavorare bene le piste bisogna essere lucidi e molti gatti
nevi hanno a bordo degli etilometri istantanei.
Come un chirurgo
Oltre alla piena concentrazione, per realizzare questi manti lisci come tavoli da biliardo servono altre due peculiarità che difficilmente troviamo in una persona sola. Da una parte si deve essere una persona pronta a tutto, capace di affrontare le dure avversità che la montagna propone senza mai avvertire. Dall’altra occorre una delicatezza da chirurgo. «Una volta sono rimasto dentro il gatto per quattro ore a meno quindici gradi», ricorda uno dei gattisti. «Io ero lassù, da solo, e intorno a me c’era solo un vento fortissimo e la neve che cadeva senza fermarsi». Scendere dal gatto è folle: le piste sono così inclinate che si rischia di ruzzolare a valle tanto che il gatdelle
ma alla fine danno una cifra. Oltre tremila euro al mese più vitto e alloggio. Per lavorare si deve stare spesso lontani da casa, magari per tutta la stagione, ma i migliori tra loro hanno appartamenti spaziosi e mogli e figli possono raggiungerli nei weekend per stare un po’ insieme. Senza esagerare però.
Coordinati
«Siamo persone solitarie, chi fa questo mestiere ama stare per conto proprio e la famiglia accetta questo suo carattere. Quando sono su in montagna amo studiare la pista che sto facendo, godermi il fruscio della neve, sentire le varie asperità del terreno e poi appiattirle», svela il tatuato. «Io neanche ascolto la radio mentre lavoro, non voglio essere distratto dalla musica. Questo mestiere si fa anche con le orecchie», racconta un altro, uno dei più anziani del gruppo. Avrà intorno ai 50 anni e delle mani enormi, difficile immaginarlo mentre le muove con dolcezza sugli strumenti. A bordo del gatto infatti troviamo la lama che raccoglie e sposta la neve, la fresa che la sminuzza e il verricello che tiene saldo il mezzo. Vengono tutti azionati da un joystick, è simile a quello dei videogiochi, ed è sensibilissimo. Sull’impugnatura poi ci sono diversi tasti, uno per ogni strumento. L’abilità sta nel dosare con delicatezza la propria forza, e muovere in concerto le dita. L’indice preme un tasto, la mano si inclina, la pala agisce e subito ecco muoversi il medio e attivarsi la fresa. Una leggera pressione di troppo e si rischia di fare un buco, un tasto sbagliato e si ottiene l’effetto opposto a quello voluto. Nel mentre la mano sinistra è occupata a muovere i cingoli. Serve una coordinazione degna di un batterista.