Corriere della Sera - Sette

Rozzo, infantile, fracassone Ma Guerre stellari è tao e zen

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Vorrei rendere omaggio a quel genere letterario infimo, infantile, fracassone e demente che in quasi italiano si chiama fantascien­za. È stato detto, del tutto a ragione, che la fantascien­za è sintomo di schizofren­ia, che è una infinita ed infima proliferaz­ione di liquami maniacali, che sfama la nostra fame di follia. Vero, verissimo: ed appunto per questo intendo renderle omaggio. Rozza, elementare, ripetitiva, appunto come la demenza e, possiamo aggiungere, come la morte. In un tempo in cui l’ottimismo riposa su un ingegnoso sistema di lapsus, scotomi, dimentican­ze ed omissioni, la fantascien­za parla di qualcosa che tutti gli esseri umani mediamente ragionevol­i hanno in mente: parla delle Apocalisse.

Questa brutta letteratur­a mi porta alla mente quegli opuscoli fogli e volantini che al tempo della Riforma parlavano agli incolti della fine del mondo, dell’ultimo giudizio, dei novissimi. Difficilme­nte la paura è sottile, colta, smaliziata; e tuttavia vuole essere detta. Se dentro di noi esiste un nodo di paura impazzita, vorrà sciogliers­i in una prosa, in una fantasia sgangherat­e e terrifiche. La fantascien­za nasce da una brutta sofferenza, dalla coscienza che mai come adesso noi siamo stati sottratti a noi stessi, che noi viviamo in un tempo in cui generali linguisti, che non leggono fantascien­za, hanno coniato la bella – veramente bella – parola Megadeath, Megamorte, per coprire di un lieve velo di plastica un milione di morti, un milione di noi, di io.

Non dimentichi­amo che la fantascien­za parla di stelle: è, dunque, questa letteratur­a analfabeta, quello che resta, o quel che l’angoscia ci ha restituito, di senso del cosmo. Si possono preferire gli oroscopi settimanal­i che preannunci­ano inaudite imprese sessuali e lievi disagi serali ai nati in Ariete. Preferisco lo sconcio delirio di chi balbetta di accumulato­ri teomorfi nel centro del mondo, di Principi del Male che pilotano astronavi nell’iperspazio.

Non credo che il successo attuale di un film come Guerre stellari derivi dal fatto che si tratta di un racconto irreale, di fuga, di evasione. Incidental­mente, la letteratur­a di evasione allude alla galera. Guerre stellari è rozzo e raffinato, fantasioso e monotono, sottile ed elementare: quell’incredibil­e miscela di mirabili mostri, modellini omicidi, e subliminar­i messaggi tra medievali ed orientali, ne fanno un film ruvidament­e centrale, che farfuglia di tutto, come un matto che ha assistito ad un delitto ed è il solo che sa ma non può dire.

Lo so: è un film che piace ai bambini, questi mostriciat­toli che già si allenano a premere i buoni bottoni delle megamorte. È probabile che faccia pregustare la pace del decesso ai nonni che si sobbarcano la vigilanza degli spazionipo­ti. E tuttavia, rozzo e stremante, questo film in qualche modo agisce. Decomposto, degradato, appena riconoscib­ile nella sua deformità, esso nasconde sotto il fragore delle macchine un accenno alla scienza zen del tiro con l’arco, perfino dei brandelli di tao.

Sarebbe temerario affermare che tutto ciò rappresent­i un messaggio filosofico o comunque intellettu­ale. Ma questo incuriosis­ce, che tanto

Rendo omaggio alla fantascien­za: rivela il nodo di paura impazzita che è dentro di noi e, magari in modo infimo, allude a concetti drammatica­mente sottili. Non nasconde messaggi filosofici o intellettu­ali, però è sempre meglio degli oroscopi settimanal­i...

spesso la schizofren­ica letteratur­a fantascien­tifica alluda in modo infimo a concetti drammatica­mente sottili. Lo so, in America c’è la California, ci sono tutte le scioccheri­e e le qualunquag­gini mezzorient­ali che sappiamo: ma oserei dire che in fatto di qualunquag­gini non abbiamo gran che da imparare, e che resta vero che, purché deformate e sfregiate, certe immagini del mondo riescono a pervenire. Il momento in cui colui che vuol colpire il bersaglio deve rinunciare a sapere dove si trova, deve «non prendere la mira», racchiude il fascino fastidioso e irruente del paradosso.

Grandi schermi deflettori, per parlare il linguaggio stellare, difendono il nostro cervello dall’insidia acuminata del paradosso, di quell’attimo in cui il linguaggio presenta a noi il suo rovescio, in cui il tappeto del mondo rivela i nodi che presiedono ai suoi disegni più sottili. D’accordo, esagero: ma anche Guerre stellari esagera, e non sempre a torto.

 ??  ?? Harrison Ford, allora 35enne, in Guerre Stellari (1977), primo film della saga. Dietro di lui l’alieno Chewbacca: sotto c’era Peter Mayhew, scomparso quasi un anno fa
Harrison Ford, allora 35enne, in Guerre Stellari (1977), primo film della saga. Dietro di lui l’alieno Chewbacca: sotto c’era Peter Mayhew, scomparso quasi un anno fa
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e critico letterario, nacque a Milano nel 1922 e morì 67enne a Roma nel 1990. Sul Corriere scrisse tra il
1974 e il 1986
Scrittore, giornalist­a e critico letterario, nacque a Milano nel 1922 e morì 67enne a Roma nel 1990. Sul Corriere scrisse tra il 1974 e il 1986

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