Benedetta, Stefano, mia figlia L’amore ai tempi del virus
Il mio amico Francesco, dopo una lunghissima, straziante odissea giudiziaria, finalmente aveva ottenuto dall’ex moglie (accecata dalla rabbia con sé stessa per averlo lasciato che il suo inconscio però – come se non bastasse – ha preferito indirizzare verso di lui) di passare con i suoi bambini tre weekend al mese, anziché uno.
Ma la madre li ha portati a vivere dal nuovo compagno, a Bari, e Francesco lavora a Firenze. Così ogni sera fa un video dove gli racconta la favola della buonanotte, anche se loro sono troppo piccoli per avere un telefono e lui deve mandare la favola alla ex moglie che chissà che cosa ne fa.
È l’amore ai tempi del coronavirus.
Mia nipote Benedetta contava i giorni perché arrivasse il quattordici marzo, quando, a un anno esatto da quando ha conosciuto Philippe a Parigi, dove era andata in gita con la classe, Philippe (che nel frattempo si è deciso a lasciare Inutile, come Benedetta ha sempre chiamato la sua ragazza) sarebbe venuto da lei, a Padova: ma naturalmente Philippe è restato a Parigi. E però il quattordici marzo a casa di Benedetta sono arrivate centotredici rose rosse, cento perché sei il mio amore, c’era scritto in italiano nel biglietto, tredici come i mesi che ci terranno lontani, perché vedrai che ora si risolve tutto, ci penso io. È l’amore ai tempi del coronavirus. Veronica, la ragazza filippina che mi aiuta con le pulizie, aspettava da sette anni che il marito arrivasse in Italia: Joseph è arrivato il cinque febbraio e di colpo si sono ritrovati sempre a casa, sempre lui e sempre lei. Come va? Le ho chiesto. Ho scoperto che a lui non piace il tonno e io mangerei solo quello, mi ha risposto. È l’amore ai tempi del coronavirus. Il mio amico Stefano ogni sera baciava un ragazzo diverso: cinque settimane fa ha conosciuto su Grindr Luca, pure lui ogni sera baciava un ragazzo diverso, ma all’improvviso hanno cominciato a telefonarsi ogni notte prima di addormentarsi.