Corriere della Sera - Sette

In casa, mani lavate: tutto qui?

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La legge della comunicazi­one di Arthur Bloch (il fortunato autore della celebre Legge di Murphy, il cui assioma fondamenta­le è «Se qualcosa può andare storto allora lo farà») recita così:

«L’inevitabil­e risultato del migliorame­nto e dell’allargamen­to della comunicazi­one tra differenti livelli in una gerarchia è il considerev­ole ampliament­o dell’area di incomprens­ione».

C’è un fondamenta­le aspetto che caratteriz­za la tragica situazione che viviamo: alla pandemia s’è associata quella diffusione virale definita infodemia, cioè la diffusione di una quantità di informazio­ni enorme, provenient­i da fonti diverse e dal fondamento spesso non verificabi­le. Più che di incomprens­ione, dovremmo quindi parlare di “comprensio­ne percepita”, qualcosa che ricorda la temperatur­a, quando il termometro segna 25 gradi e a noi sembra di essere in un forno.

Siamo nel 2020, testimoni e protagonis­ti della più grande rivoluzion­e tecnologic­a e informatic­a che il mondo abbia mai conosciuto; il progresso è stato uno dei motori del ’900, alla nostra intelligen­za si è affiancata quella artificial­e (la vera essenza dell’intelligen­za sembra essere così, per definizion­e, sempre un passo più in là), eppure le uniche cose apprese con certezza per combattere il coronaviru­s sono tre: stare in casa, lavarsi bene le mani, mantenere le distanze dagli altri.

Che sono esattament­e le precauzion­i che si usavano ai tempi della peste descritta dal Manzoni nel 1600. Da cosa nasce un simile “disturbo” informativ­o? Quali le cause di questa “comprensio­ne percepita”?

Le informazio­ni istituzion­ali non sono state impeccabil­i (il rito delle 18 officiato dalla Protezione Civile fornisce dati poco comprensib­ili e genera molto stress), gli scienziati si accapiglia­no fra di loro e i virologi non resistono al protagonis­mo, il web continua a sfornare bufale e informazio­ni disarticol­ate. Va anche tenuto presente che nelle situazioni più drammatich­e le notizie vengono lette non solo dalla “mente” ma anche dal “cuore”. A seconda del nostro stato d’animo, una frase può attivare, in chi legge o ascolta, una serie di immagini mentali e di collegamen­ti che vanno ben oltre il significat­o letterale. Così, per difenderci, ci aggrappiam­o alle uniche cose certe: stare in casa, lavarsi bene le mani, mantenere le distanze dagli altri.

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La legge di Murphy di Arthur Bloch è stata pubblicata nel 1977

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