Sorpresa: la Natura si (s)vela da sola
Nascosta tra tanti altri capolavori, c’è una statua che spesso sfugge allo sguardo dei visitatori che si accalca(va)no tra i corridoi della Gare d’Orsay, a Parigi. La scolpì Luis-Ernest Barrias nel 1899: una ragazza si libera di un velo, denudandosi in tutta la sua bellezza conturbante.
Un piccolo dettaglio, uno scarabeo sulla veste, ne rivela l’identità. La giovane è un’antica divinità egizia, Iside e rappresenta simbolicamente la natura. La statua è insomma una variazione, moderna e provocatoria, di un tema che ha attraversato i secoli, fin dall’antichità più remota (quando Iside era rappresentata con tanti seni a indicarne la potenza generatrice). La natura, la realtà che ci circonda, è un mistero: togliere il velo a questo enigma, rivelare la cifra segreta delle cose, è un sogno ricorrente nella storia dell’umanità. L’immagine è onnipresente sui frontespizi di tanti trattati di filosofia e scienze. Il problema è come fare, e cosa si otterrà.
Secondo Pierre Hadot, le vie che gli uomini hanno seguito per raggiungere il cuore delle cose sono due, quella di Prometeo e quella di Orfeo. La prima è quella della scienza, la seconda quella della poesia e dell’arte. Prometeo è il demone filantropo pronto a combattere per il bene degli uomini: così fanno gli scienziati pronti a “torturare” la natura, per carpirne i segreti e aiutare gli uomini a vivere meglio: «I segreti della natura si rivelano sotto la tortura degli esperimenti più di quando seguono il loro corso naturale», scriveva Francis Bacon, uno dei padri della scienza sperimentale moderna,
(R.M. Rilke).
Dire quale dei due approcci sia il migliore sarebbe esercizio sterile: sono entrambi importanti, e probabilmente non bastano a svelare il mistero. Ma c’è un dettaglio, intanto, che troppo spesso passa inosservato. Lo schema, con tutte le sue variazioni, è quasi sempre lo stesso: a denudare la natura è un maschio – il teologo, il filosofo, lo scienziato (ed è perché si svela da sola, variando sul tema, che la statua di Barrias è così conturbante). Viene da citare il solito Nietzsche: «Dove voi vedete cose ideali, io vedo cose umane, ah! troppo umane». Sono dettagli, certo, che rivelano però quanto i nostri pregiudizi condizionino il nostro modo di vedere le cose. In attesa di scoprire i segreti della natura, non è forse arrivata l’ora di provare a immaginare le cose in modo differente, liberandosi di certi stereotipi?