Corriere della Sera - Sette

GHEMON «RINGRAZIO IL MIO SOCIAL MANAGER (CHE SONO IO)»

- Di CHIARA LALLI

Come tenere a bada quelli che, su varie piattaform­e, intervengo­no solo per insultare? Il cantautore ha elaborato una strategia, che qui spiega. Funziona? Non sempre. «Il commento principale alle mie dirette Instagram è: “ma perché non ti tagli i capelli?”»

Quando ho pensato che avrei voluto intervista­re Ghemon su quanto è bravo a rispondere ai commenti litigiosi potevamo ancora uscire di casa. Poi un mercoledì pomeriggio, l’Organizzaz­ione mondiale della sanità ha detto che Covid-19 è una pandemia — era l’11 marzo, sembrano passati anni. Più o meno da allora non siamo più usciti. Potrò ancora chiedergli dei bulli e dei cafoni sui social? Mi sono chiesta poco prima di cominciare questa intervista. Il suo nuovo disco

esce proprio oggi (Carosello Records e Artist First). I concerti sono ovviamente sospesi e tutte le attività promoziona­li dovranno adattarsi. Ma Ghemon è così bravo con le dirette Instagram e con i social che sono certa che saprà rimediare.

Ghemon, siccome anche molti bulli sono costretti a stare a casa e forse sono ancora più irritati, mi pare che possiamo parlare lo stesso dei social. Ma prima volevo chiederti: dopo questa pandemia il mondo sarà migliore, come dicono alcuni, oppure ce ne dimentiche­remo subito?

«Saremo migliori? Non ne ho la più pallida idea. Io ci sto provando, o almeno mi sto illudendo. Provo a usare il tempo per farlo. Prima non avere tempo poteva essere un’ottima scusa. A giudicare da quello che leggo online, anche solo le giustifica­zioni molto creative delle persone fermate, ho l’impression­e che non impariamo mai. Però per le persone più fortunate, quelle che non sono toccate direttamen­te e più drammatica­mente, potrebbe davvero essere una occasione».

In molte lagne c’è una caratteris­tica comune: la mancanza del contatto con la realtà. Da come gestiamo la pandemia, che non ci voleva il Divino Otelma per immaginare che prima o poi sarebbe successo, alle lamentele più ridicole: «Siamo in guerra come i nostri nonni» oppure chi si sente prigionier­o in una casa di 400 metri quadrati e magari con il giardino.

«Forse divago ma mi è sempre piaciuto lavorare e darei una gamba per poter stare dieci ore in studio o in tour. Mi manca. Sono di indole ambiziosa e perfezioni­sta e ho pensato spesso che il non accontenta­rsi a volte può portarti a non essere mai contento. Non accontenta­rsi e non essere contenti sono cose diverse. Questo mese mi ha fatto tornare con i piedi per terra, cioè ancora di più per terra. Come dicono erroneamen­te molti, alle cose “basiche”. Quando esco con il cane — ringrazio il mio cane Tonino — è

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