IFER DOUDNA
test clinici ai singoli Stati. E quello stesso giorno il governatore della California, Gavin Newsom autorizzò la trasformazione dei laboratori di Berkeley.
Riuscite davvero a far funzionare con dei volontari un laboratorio costruito in fretta e furia che tratta un virus così pericoloso?
«In tempi normali sarebbe stato impensabile: ci sarebbero voluti mesi se non anni. Ma l’emergenza ha fatto cadere molte barriere. E i volontari hanno portato entusiasmo e competenza. Abbiamo fatto corsi di formazione a tappe forzate. Consideri anche che siamo in un luogo particolarmente felice: la baia di San Francisco, a due passi dalla Silicon Valley. Sono arrivati a dare aiuto medici, docenti universitari, manager di aziende come Salesforce e Google, tecnici di laboratori chimici. Abbiamo fatto tutto in tre settimane».
Siete ancora ai collaudi o siete già operativi? Quante analisi potete fare col vostro metodo?
«Siamo operativi dai primi di aprile. All’inizio con procedure manuali, anche per consentire al personale di prendere dimestichezza con un mondo nuovo. I risultati arrivano entro 24 ore.
Ora stiamo introducendo il robot nell’estrazione dell’Rna. Con l’automazione sarà tutto più veloce e migliore: arriveremo fino a 4.000 test al giorno e i risultati saranno più precisi perché l’estrazione del materiale genetico virale dall’Rna fatta da un robot evita gli errori a volte commessi nelle procedure manuali».
Perché non cercate anche voi di creare un vaccino efficace?
«Perché servono risorse imponenti per svilupparlo e testarlo a
LA SEQUENZA
potranno essere sconfitte col Crispr?
«Quelle del sangue, come le leucemie, e alcuni tipi di cecità. La chiave è la maggiore facilità di accesso: puoi iniettare cellule Crispr nell’occhio, mentre il sangue può essere estratto trattato e reimmesso».
Tecniche che cambieranno molte cure. Cambierà l’idea stessa di medicinale, dice lei. Per ora, però, i nuovi farmaci ingegnerizzati, quelli biotech — più efficaci e, magari, personalizzati — hanno costi enormi. Dov’è la democratizzazione delle cure grazie alla tecnologia della quale lei ha parlato più volte?
«La tecnologia costa molto, certo, ma può anche consentire grossi pandemie con tutti i mezzi sta riducendo l’attenzione per i rischi etici di un uso distorto delle tecniche Crispr?
«Si e no. Se ti limiti a trattare un paziente leucemico o cieco non c’è rischio etico perché stai lavorando sulla patologia di uno specifico soggetto: non ci sono equivoci possibili. I problemi cominciano quando pensi di intervenire su un embrione. Magari vuoi solo eliminare certe malattie genetiche, ma quell’intervento può avere conseguenze impreviste, destinate a trasmettersi anche alle generazioni future attraverso la modifica dei geni».
Lei ha chiesto, spesso e invano, regole internazionali in materia di genoma. Quando, un anno e di valutazione internazionale indipendente. Certo che da allora il mondo si è svegliato. Ha capito che il problema della manipolazione del genoma umano non è roba futuribile, ma una questione che si pone qui e ora».
Pensa che gli interventi sugli embrioni per correggere malattie genetiche diventeranno pratica comune? Quando?
«La tecnologia Crispr non è ancora matura per essere usata nell’embrione: ci sono troppe cose che non sappiamo sulle conseguenze di questi interventi. Anche sui meccanismi ereditari».
Ma uno scienziato senza scrupoli potrebbe già intervenire oggi su un feto per modificare qualche carattere del nascituro come il