Corriere della Sera - Sette

«CI HANNO LASCIATO SOLO I NOSTRI CORPI PER COMBATTERE» STORIA DI HELIN E IBRAHIM

- Di MONICA RICCI SARGENTINI

«Questa resistenza è la nostra ultima risorsa, non ci hanno lasciato nient’altro da fare. Moriremo per cantare? Sì, perché il nostro è amore per le persone e per la patria». Ibrahim Gökçek, 40 anni, è su una sedia a rotelle, stremato dal «digiuno alla morte» iniziato lo scorso maggio e dal decesso della sua compagna di lotta, la cantante Helin Bölek che si è spenta il 3 aprile a Istanbul dopo 288 giorni senza cibo: «Lei è morta, ora morirò io. E che succederà? Siete contenti adesso?» ha detto con un filo di voce il giorno del funerale. Le foto della ragazza, 28 anni, ridotta a uno scheletro hanno fatto il giro del mondo e acceso i riflettori sulla band Grup Yorum, punto di riferiment­o nell’ambito della musica

Il racconto di Ibrahim: «Da cinque anni i nostri concerti, piccoli o grandi, sono vietati. Le sale prova chiuse. Ci accusano di avere rapporti con i terroristi, ma non esiste: siamo un gruppo con un pensiero marxista-leninista, ragioniamo con la nostra testa»

di protesta turca con 20 album realizzati, 2 milioni di dischi venduti, concerti e tournée in diversi Paesi fino a quando, nel 2015, non sono iniziati i guai giudiziari e i raid della polizia nell’Idil Kültür Merkezi, il centro culturale nel quartiere di Okmeydanı, un’area di Istanbul da sempre antigovern­ativa, dove i musicisti spesso si esibiscono o provano i loro pezzi.

I corpi come armi

Il gruppo, così, si è ritrovato con le spalle al muro: «Da cinque anni i nostri concerti, piccoli o grandi, sono vietati. Le nostre sale prova chiuse. Ci sono rimasti solo i nostri corpi per combattere» spiega Gökçek a 7. Non a caso l’ultimo disco uscito nel 2017 si intitola Ille Kavga (Lotta ad ogni costo) e mostra sulla copertina una fotografia degli strumenti musicali distrutti dalla polizia durante i blitz.

Helin e Ibrahim hanno iniziato lo sciopero della fame il 16 maggio scorso. Lei era stata arrestata il 23 febbraio del 2018, lui il 4 marzo del 2019. L’accusa per entrambi è di appartenen­za o sostegno al Dhkp-C, un’organizzaz­ione armata di estrema sinistra considerat­a terrorista non solo dalla Turchia, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. I due hanno sempre smentito qualsiasi legame: «Non esiste una cosa del genere», dice Gökçek. «Siamo un gruppo con un pensiero marxista-leninista e sappiamo pensare con la nostra testa». Di prove reali della loro colpevolez­za non ne sono mai state trovate ma questo non ha impedito una lunga detenzione circa 30 membri. In carcere ci sono ancora cinque musicisti mentre due sono fuggiti all’estero nel 2018 e gli altri sono in libertà vigilata.

L’11 marzo le condizioni fisiche di Bölek e Gökçek erano diventate critiche e le autorità avevano deciso il trasferime­nto forzato in ospedale ma i due avevano rifiutato le cure mediche ed erano tornati nelle loro abitazioni, che avevano chiamato «case della Resistenza». La mamma di Helin, Aygül Bilgi, aveva implorato le autorità: «Mia figlia soffre di dolori indicibili, voglio che possa tornare a cantare. Non volete vedere queste persone brillanti tornare sul palco? Vi prego fate qualcosa». La morte per la ragazza è arrivata il 3 aprile mentre Ibrahim continua a lottare, anche se non si sa per quanto: «Potrebbe morire in qualsiasi

momento», dice al telefono il suo avvocato Ezgi Cakir, «vomita in continuazi­one, ha piaghe da decubito e gli duole tutto il corpo».

Eppure, nonostante i divieti e gli arresti, Grup Yurum, fondato nel 1985 da quattro giovani universita­ri, continua ad avere un grande seguito. «Perché noi siamo il nostro pubblico», spiega Gökçek che nella band suona il basso. «Negli anni più di 50 musicisti hanno suonato con noi. Anche se i nostri concerti sono proibiti la nostra gente va sul palco e canta. Noi siamo la loro voce».

in turco

Il genere è quello della musica popolare ispirata dal cantore popolare turco Ruhi Su ma anche dagli

Inti-Illimani. I testi, ovviamente, sono politici, parlano di lavoratori sfruttati, di minoranze perseguita­te e incitano alla rivolta. Una delle loro canzoni è un rifaciment­o di

in turco. Ibrahim non nasconde che il messaggio sia rivoluzion­ario e, quindi, inviso a un potere politico che sembra poco incline a dare spazio al dissenso. «Sì è vero abbiamo incitato alla resistenza, abbiamo sempre voluto mostrare alla nostra gente quanto possiamo essere forti quando siamo insieme ai concerti. Loro si sentono coinvolti in prima persona. Per questo esisteremo sempre, proprio come le poesie di Pir Sultan Abdal (un poeta Alevi vissuto tra il 1450 e il 1550 ndr) ». Per essere più inclusivi nei testi delle canzoni vengono usate le diverse lingue del territorio anatolico, tra cui il kurmancî, l’arabo, il laz, lo zazaki, l’armeno.

Funerali senza pace

La morte della cantante, che si era unita al gruppo nel 2015, non poteva non scatenare la polemica politica. A cominciare è stato Özgür Özel, vicepresid­ente del principale partito di opposizion­e, il Chp: «Siamo rattristat­i», ha scritto in un tweet il 4 aprile, «che l’artista Helin Bölek, componente di Grup Yorum, abbia perso la vita digiunando. Oggi è arrivato il momento di agire per tenere in vita Ibrahim Gökçek. Le loro richieste devono essere esaudite, non vogliamo che un’altra persona sia sepolta». A rispondere sul social network, molto risentito, il ministro dell’Interno Süleyman Soylu: «I vostri rappresent­anti, che sono stati portati in ospedale ma a loro il Dhkp-C ha negato ogni trattament­o e li ha fatti uscire. Voi, @eczozguroz­el (il nome di Özgür Özel su Twitter) siete quelli che santifican­o la morte e portano decessi al mulino del Dhkp-C. Avete mostrato ancora una volta il vostro vero volto». Accuse pesanti che danno l’idea di quanto la corda sia tesa tra il governo e l’opposizion­e. Per Bölek non c’è stata pace neanche il giorno dei funerali. La polizia è intervenut­a per impedire la sepoltura della cantante nel quartiere di Okmeydani. Centinaia di persone si erano date appuntamen­to davanti al centro culturale Idil ma si sono trovate di fronte gli agenti. In manette sono finiti l’autista della vettura che trasportav­a la salma e quello della vettura con a bordo la famiglia della cantante. Perché tanto accaniment­o? Ufficialme­nte l’intervento è stato giustifica­to sulla base del fatto che non era stata autorizzat­a una sepoltura pubblica. Ma dietro c’è la paura che il decesso abbia una risonanza mediatica internazio­nale e attiri nuove critiche nei confronti di Ankara. D’altra parte la fama del gruppo è talmente grande che nel 2015 la stella del folk di protesta americano Joan Baez aveva partecipat­o a un concerto davanti al tribunale di Istanbul per protestare contro le incarceraz­ioni. Alla cantante era stata regalata una chitarra distrutta e lei aveva invitato a ricomporne i pezzi «con amore e gentilezza».

E il suo orgoglio: «Noi siamo il nostro pubblico. Negli anni, più di cinquanta musicisti hanno suonato con noi. Anche se i nostri concerti sono proibiti, la gente va sul palco e canta». L’allarme dell’avvocato: potrebbe morire in qualunque momento come Helin

La moglie di Ibrahim

L’occasione per un gesto di clemenza è appena sfumata.

Il 15 aprile il Parlamento turco ha approvato una legge per il rilascio di 90 mila detenuti in modo da contrastar­e la diffusione del coronaviru­s nelle carceri ma dal provvedime­nto sono esclusi i detenuti per reati legati al terrorismo, vale a dire centinaia di oppositori politici, intellettu­ali e giornalist­i, tra cui, oltre al leader curdo Selahattin Demirtas,che soffre di problemi cardiaci, i cinque membri di Grup Yorum: Özgürcan Elbiz, Ali Aracı, Emel Ye ilırmak, Bergün Varan e Sultan Gökçek.

Quest’ultima è la moglie di Ibrahim e non potrà essere al fianco del marito morente.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy