PRECARI SUL POSTO LA VITA CONGELATA DEI TRENTENNI
«Siamo stati bambini negli Anni 90, quando sembrava che ogni strada fosse aperta, fino all’angoscia dell’eccesso. Avevamo 20 anni al tempo della crisi che ha ridotto tutte le nostre possibilità. Così abbiamo imparato a vivere di contratti brevi che ci portano per il mondo a blocchi di uno, due o tre anni. E ora?». Una scrittrice e il ritratto di una generazione
Il lockdown ci ha colti alla vigilia della primavera, mentre inseguivamo le nostre vite di sempre senza pensare di poter essere interrotti. Ho trentatré anni e ho vissuto primavere in molte città. Questa è piena di sole e profuma di glicine, eppure è irrimediabilmente diversa dalle altre; ma forse è solo perché la guardiamo da lontano, dalle finestre, dai balconi, dai terrazzi condominiali.
Ora siamo fermi e dobbiamo inventarci nuovi modi per non perdere di vista quello che inseguiamo, su tutto pesa l’interruzione che non ci aspettavamo e che qualche volta forse ci ha salvati, qualche altra ha rovinato tutto. Diventiamo più elastici nello scoprirci fragili, e intanto ci arrabbiamo con un senso di impotenza che forse per la prima volta ci costringe a fare i conti con la famosa massima di Epitteto, lo stoico che ci ricorda l’importanza di distinguere fra quello che dipende da noi, e che quindi possiamo cambiare, e quel che da noi non dipende, e che ci tocca accettare.
Non che da ogni dettaglio si debba trarre una morale — anzi, capita che proprio l’interruzione ci mostri, nuda e cruda, l’insensatezza dei buoni propositi: c’è chi aveva preso, giusto alla vigilia del lockdown, l’niziativa di buttare via finalmente tutti i calzini spaiati, col risultato di ritrovarsi senza calzini da oltre un mese: e questo cosa mai ci può insegnare? Forse solo che la procrastinazione ha una sua segreta saggezza, e che i calzini appaiati sono sempre una minoranza.
Riconoscersi negli altri
Ma, a voler guardare quello che il decreto dell’11 marzo ha interrotto, si scopre una miriade di storie, tutte diverse, tutte simili: questo tempo, che non ci renderà automaticamente migliori, ci permette però, per uno strano paradosso dell’isolamento, di cercarci e riconoscerci negli altri.
Ci sono amori che da un giorno all’altro sono diventati amori a distanza: coppie di lunga data si danno appuntamenti clandestini in fila davanti al supermercato. Non possono nemmeno baciarsi, hanno le mascherine, ma si guardano e se nessuno fa loro attenzione, azzardano persino un bizzarro contatto: non di visi, non di mani, ma di piedi, anzi, di scarpe. Nel frattempo scorrono fiumi di parole nelle chat, la passione virtuale ribolle in mille modi; ma c’è anche chi si stava innamorando giusto prima che chiudesse tutto quanto. Emanuele mi racconta di uno scambio di messaggi raggelato dall’imbarazzo di non conoscersi ancora se non per via dell’attrazione nascente, e di dover riprendere per altra via un discorso di sguardi che stentava a diventare un discorso di parole, fino a quando un’inattesa tenerezza ha fatto capolino su Whatsapp e ha cancellato le formalità.
C’è chi stava organizzando un matrimonio: Gloria doveva sposarsi a maggio, a coronare anni di treni fra il Veneto e la Liguria per stare in
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ad abitare con il fidanzato; la sera in cui li colse il lockdown, nella vecchia casa erano rimasti ancora parecchi dei suoi averi, fra cui il gatto, recuperato con apposita autocertificazione a distanza di qualche giorno, perché in assenza della padrona si rifiutava di mangiare. Katia e suo marito hanno traslocato in una casa non ammobiliata con un furgone che sono riusciti a noleggiare dopo molte chiamate a prefetto, polizia e carabinieri. Hanno tutti i loro scatoloni, ma non i mobili, che per il momento non possono essere consegnati; vivono spartani e ci ridono su. Nicolò, che in due tornate aveva organizzato il suo trasloco a Verona dopo anni a Parigi, è rimasto bloccato in Italia, ma tutti i suoi libri, compresi quelli che gli avrebbero alleviato la clausura, restano a Montmartre. Agnès è arrivata preparata al
che in Francia è stato annunciato con un certo anticipo: ma il caldo, che di solito si fa aspettare, quest’anno ha precorso i tempi, e il suo guardaroba estivo è inaccessibile per via delle complesse operazioni di immagazzinamento richieste dai minuscoli appartamenti parigini: si sta inventando uno stile con i vestiti del fidanzato. Viola, che con la prospettiva di partire per la Cina aveva appena lasciato la casa in cui abitava, si trova confinata nella casa di famiglia, a Roma, e non sa fino a quando.
Allenati ad adattarci
Gianni, operatore in una comunità di ragazzi con diagnosi psichiatrico-comportamentali severe, è rimasto fuori casa quaranta giorni, lontano da sua moglie e dal loro bambino, per continuare a lavorare: ha costruito una cronaca musicale di questi giorni, un diario di pensieri e canzoni sulla sua bacheca Facebook, “radio Potter”, per ridurre la distanza e il senso di solitudine.