UN LETTO AI MEDICI E CIBO GRATIS PE LE LE AZIENDE CHE CAMBIANO PASSO
EMERGENZA CORONAVIRUS
Sono oltre 10.000 i pasti preparati ogni settimana da McDonald’s e donati a enti e comunità assistenziali per la distribuzione. Inoltre nelle “Case Ronald” vengono ospitati gli operatori sanitari attivi nei reparti Covid che non possono tornare a casa
«Il momento che stiamo vivendo è drammatico; mai avremmo pensato di trovarci ad affrontare una simile esperienza, che tocca l’intero Paese e le vite di tutti», ha spiegato Mario Federico, amministratore delegato della divisione italiana. «La nostra azienda è radicata nel territorio attraverso 600 ristoranti, 140 franchisees e 24.000 dipendenti; per questo motivo non possiamo esimerci dal fare la nostra parte offrendo un aiuto concreto a chi ha bisogno di cure e a chi ogni giorno si prodiga per garantirle anche a costo della propria salute. La nostra capillarità fa sì che a livello locale esistano da sempre relazioni e collaborazione tra i nostri ristoranti e il territorio. Quindi è stato naturale cercare di continuare a fare ciò che sappiamo fare meglio, anche in un momento come questo: cucinare e preparare colazioni, pranzi e cene che possano essere di aiuto e di sollievo per chi ne ha più bisogno».
Attualmente sono circa 150 i dipendenti che hanno dato disponibilità per lavorare in 10 punti vendita, rigorosamente chiusi al pubblico ma rimasti aperti affinché ogni settimana oltre 10.000 pasti vengano offerti gratuitamente a enti e comunità assistenziali, strutture ospedaliere, associazioni benefiche, comunità e parrocchie tra Torino, Novara, Milano, Brescia, Cremona, Piacenza, Bologna, Verona, Roma e Palermo, a cui si sono aggiunte le donazioni di prodotti freschi e alimenti dai McDo
nald’s di tutta Italia a Banco Alimentare e altri enti locali, per un totale di 200 tonnellate di merce.
E poi ci sono le “Case Ronald”, strutture che sorgono nelle immediate vicinanze di ospedali pediatrici destinate a diventare vere e proprie abitazioni in cui genitori e figli possono continuare a vivere insieme anche nelle situazioni più difficili e dolorose che spesso accompagnano il ricovero dei piccoli pazienti. «Nonostante l’emergenza Covid-19 ci abbia investito in pieno, lasciandoci inizialmente sorpresi e disorientati, abbiamo sentito la forte esigenza di tenere tutte le case aperte e di continuare come sempre le nostre attività», ci ha testimoniato Maria Chiara Roti, direttore generale della Fondazione per l’infanzia Ronald McDonald. «Abbiamo pensato subito a garantire sicurezza a tutti gli operatori con l’acquisto immediato di presidi sanitari essenziali come mascherine, prodotti igienizzanti e guanti. Poi abbiamo riorganizzato il lavoro riducendo i turni, applicando misure di distanza sociali e di smart working per le mansioni compatibili, al fine di tutelare i nostri ospiti, i nostri operatori e le loro famiglie, ma abbiamo anche avviato un servizio di supporto psicologico al team».
Nelle due “Case Ronald” di Roma (legate all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù) e in quella di Brescia (presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili) le attività di accoglienza sono dunque proseguite senza interruzioni, mentre la Casa di Firenze, riferita all’Ospedale Pediatrico Meyer, ha subito una trasformazione profonda. «Non appena tutti i nostri ospiti hanno lasciato la dimora», continua la dottoressa Roti, «ci siamo messi a disposizione dell’Ospedale e abbiamo stabilito un protocollo d’intesa per offrire ospitalità gratuita agli operatori sanitari di turno al Pronto Soccorso nell’Area Covid e a quelli di rinforzo della stessa struttura, ma provenienti da altre regioni. Alla fine anche qui sono prevalsi lo spirito di organizzazione e la voglia di farcela, e devo dire che sono molto orgogliosa della mia squadra, che ha dimostrato impegno e la coerenza con la nostra missione; e con lo slogan “non puoi non esserci”, abbiamo ancora una volta testimoniato come la persona sia sempre al centro del nostro servizio».
Spirito e valori condivisi anche dall’ad Federico, che chiosa: «Voglio cogliere questa occasione per ringraziare i nostri franchisees e soprattutto i ragazzi dei nostri ristoranti che hanno aderito all’iniziativa e su base volontaria hanno accettato di riaprire le nostre cucine e di preparare ogni giorno i pasti che vengono poi distribuiti dai volontari e dalle associazioni con cui collaboriamo. Siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo cercare di non lasciare indietro nessuno. Sarà anche questo il compito delle aziende».