Passoterapia, la prima attività che farò
Ebbene, sapete qual’è la prima cosa che intende fare quando finirà? Lo ha detto al Corriere: «Vado a camminare in Val Veny».
Per la verità io avrei già dovuto farlo. Con un gruppo di amici, prima del virus, si era programmato un cammino per la settimana del 25 Aprile. Ma quest’anno la festa della Liberazione cade dopo, il 4 maggio, ed eccomi qui ad aspettare e sperare. Non so se potremo andare, ma so che oggi il mio più grande desiderio è camminare.
Questa apparentemente banale e ripetitiva attività di mettere un piede avanti all’altro, sbilanciandosi a ogni passo a destra e sinistra, che è un po’ una metafora esistenziale degli esseri umani, sempre in bilico ma sempre in piedi finché camminano, deve avere infatti qualcosa di magico e di miracoloso. Produce più effetti sulla psiche di uno psicofarmaco, e più effetti sul corpo di un ricostituente. Ma coinvolge anche un livello più profondo e più impalpabile, quello dell’anima, o dello spirito, se preferite.
Erling Kagge, un grande camminatore che ha percorso a piedi l’Antartico e ha scritto un bel libro sul tema, dice che al mondo c’è una sola cosa migliore del camminare: camminare in un bosco. «Nel 1982, in Giappone, diedero un nome a questa sensazione: Shinrin-yogu, ovverosia “bagno di bosco”, in pratica una boscoterapia». Potremmo dunque chiamare ciò cui aneliamo oggi tutti noi cittadini, forzati della sedentarietà, “passoterapia”. Del resto Henry David Thoreau, già centocinquanta anni fa, concedeva a coloro che non camminano «solo una certa considerazione per non essersi suicidati prima». Coloro che, invece, camminano hanno almeno una volta provato la sensazione che descrive nel film Forrest Gump: più vai avanti e più ti sembra di non poterti fermare.
Forse perché camminare è anche un atto spirituale e, per qualsiasi motivo si intraprenda, è sempre un po’ un pellegrinaggio, anche se a compierlo non è un credente. Conversando con Gaetano Quagliariello, un altro accanito camminatore, don Liborio Andreatta, il dominis dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ha ricordato ciò che disse Giovanni Paolo II a Strasburgo, rivolgendosi a cristiani e laici: che per Goethe l’Europa è nata nel pellegrinaggio, e la sua lingua materna è il Cristianesimo. E in effetti sono stati i pellegrini nel Medioevo a riaprire le antiche vie di comunicazione dell’Impero Romano, portando con sé commerci, ospedali, scrittura, i semi di una nuova civiltà. Non per caso con i miei amici avevamo pensato al Cammino di San Benedetto, da Norcia a Montecassino, 304 km sulle orme del santo patrono dell’Europa. Quale migliore metafora del “rimettersi in cammino”?
Appena mi liberano, farò anche io come Annalisa Malara. Intendiamoci, non che voglia in alcun modo paragonarmi a una delle “eroine” della lotta al Covid-19, l’anestesista di Codogno che prese l’iniziativa di fare il tampone al paziente 1, quando le linee guida non lo prevedevano e non lo consigliavano. Fu così la prima in Europa a “fotografare” il virus.