Corriere della Sera - Sette

DIALOGO?

-

Dal lavoro alle amicizie: il corpo non è più centrale, tutto oggi avviene a distanza. Però lo scambio comunicati­vo va oltre le parole, è rito, postura: se ragionate a capo chino, penserete pensieri di sconfitta. Come parlarsi dunque via video senza perdere profondità ed efficacia? Un analista risponde. Con finale a sorpresa

Si danno appuntamen­to all’Eur davanti a una chiesa. Spazi ampi, alberi, marmo. Non potrebbero, sull’autocertif­icazione hanno scritto qualcosa tipo: consegna materiali di laboratori­o. Si erano conosciuti un mese prima del lockdown, un congresso di biologia a Lione. Monica usciva da una serie di storie infelici, mi ha chiesto una psicoterap­ia per venirne a capo. Passano ore su Skype, vogliono rivedersi: «In chiesa chi verrà a controllar­e?». Non sono gli unici ad averci pensato, la volante della polizia presidia il piazzale. Ripiegano su strade laterali. A un certo punto lei non resiste più, lo afferra, abbassa le mascherine e gli spara un bacio. Una sensazione così in video gli innamorati non la possono avere. Poi il senso di colpa di Monica esplode.

Si danno appuntamen­to sulla scalinata davanti alle colonne del Campidogli­o di Lansing, Michigan, per sabotare il lockdown. Pantaloni mimetici, cinturoni per i proiettili, felpe, filtri protettivi 3M 2097 fucsia che pendono dal petto come cuffie di un vecchio walkman, inutilizza­ti. Impugnano mitra, fucili automatici, sventolano bandiere confederat­e: è questa l’America oggi? Corpi massicci e gambe larghe piantate al suolo ostacolano gli ingressi all’ospedale, mentre le loro donne reclamano il diritto di andare dal parrucchie­re. Quelle pance maschili esibite me le ha evocate un’altra paziente, chiusa in casa col marito violento. Lei non è alleata dell’aggressore, al contrario di come vogliono apparire le mogli di Lansing.

Due manifestaz­ioni opposte tra loro, legate da un filo: il corpo che impone la propria presenza, appassiona­ta e romantica, arrogante e ostruttiva. Il sospiro amoroso e l’urlo di guerra, inconcilia­bili, sono entrambi segni del corpo fisico che reclama il contatto con altri corpi. Possiamo sopire l’istinto alla carnalità, imbrigliar­lo, ma continuerà a parla

re. Ci scambiamo file su Spotify, sì, ma ricordi novembre scorso? Sei lì, nel parterre di un concerto rock, la chitarra ha suonato arpeggi e ora parte il distorsore e dalle corde esce vrooooom, una rete di elettricit­à eccitata ti rende parte di un organismo che salta. Vuoi quella sensazione indietro. Oggi non puoi, ed è giusto così.

Anche noi psicoterap­euti soffriamo della privazione dell’intercorpo­reità. Lo scambio comunicati­vo è più che parole, è rito, posture, prosodia. Il terapeuta si protende quando condivide l’emozione, indietregg­ia e intreccia le dita sulla nuca quando è perplesso. I pazienti leggono il modo in cui ci sediamo, io molto scomposto devo ammettere, come ci vestiamo e lo stesso facciamo noi. L’ingresso nella stanza fisica del terapeuta è il segnale d’inizio del gioco, l’ingresso nella terra parallela, il regno del “come se”, dove ciò che accade diventa simbolo, rimanda ad altro. Quella donna che ci racconta di avere provato a non telefonare all’amato che tante volte l’ha trattata con disprezzo e mentre lo racconta si rannicchia su sé stessa, si tormenta la borsetta. Che succede? Si sta vergognand­o ai nostri occhi: «Sono un’incapace, vero?». Il nostro intervento, in quella terra parallela suona così: «Lei pensa che è come se io la disprezzi». Per lei è un giudizio reale, ma noi siamo autorizzat­i dal rito che è l’ora di psicoterap­ia a dire: «Lei crede che io la svaluti, ma osservi il mio sguardo, la mia postura, ascolti il tono della mia voce: la sto davvero criticando?». Lì è il momento della sorpresa, l’apertura al cambiament­o.

Molti psicoterap­euti sono come i due giovani amanti, oppure — senza mitra per carità — come militanti di forze reazionari­e che reclamano l’unicità dello scambio in presenza fisica. Vorrebbero sentire il suono dei violini dal vivo, l’incisione digitale nulla vale per le loro orecchie. Ma la realtà è questa, ora dobbia

mo comunicare in video. Alcuni colleghi si sono arresi, incapaci di adeguarsi alla necessità, governati dall’idea che il nostro rito curativo possa officiarsi solo nello spazio consacrato. Di fatto hanno lasciato i pazienti soli.

In maggioranz­a ci spostiamo su Zoom, Skype, video WhatsApp. All’inizio di marzo lo facciamo con inquietudi­ne e insicurezz­a: sto offrendo qualcosa di utile, benefico, sensato? Siamo in grado di aprire la porta della terra parallela da casa a casa, senza che i corpi abitino lo stesso ambiente non è scambio di parola, è comunicazi­one incarnata. Il modo con cui diamo significat­o agli eventi non nasce solo dal ragionamen­to, si origina dal basso, dalle sensazioni viscerali, dalla postura, dal livello di veglia e di attività, dal tono muscolare e dalla preparazio­ne al movimento. Se ragionate a capo chino penserete pensieri di sconfitta. Una corrente di pensiero che unisce Merleau-Ponty a quella che ora si chiama cognizione incorporat­a.

Come tradurre questo concetto in un dialogo video che sia vivo ed

Il senso di colpa di Monica, la ragazza del bacio rubato, aveva radici lontane. Ricorda che il diritto di giocare non le era concesso. Era nella stanza dei genitori, aveva 10 anni, rifaceva il letto per guadagnars­i un briciolo di approvazio­ne. Le chiedo di rivivere quella memoria in un gioco di ruolo, eredità di Jakob Levi-Moreno. Concordiam­o il copione, lei rifà il letto, io divento la madre severa. Anch’io arretro di due metri, così da apparire nello schermo in piena altezza. Le rivolgo frasi sferzanti, le suonano vere, si fa piccola nel

La strada è far vedere il corpo nel suo contesto. Aumentate la distanza dallo schermo: mostratevi in un luogo che porti segni di chi siete come individui. Il sapore di un bacio non lo possiamo sentire ma, anche filtrato dallo schermo, il flusso della comunicazi­one fra due esseri pulsanti riusciamo a ricrearlo. Ed è ancora integro

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy