Corriere della Sera - Sette

INTERIORI

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nismo, si è capito che non bastano gli aiuti, serve solidariet­à. Tra i segnali negativi, il governo americano che ha deciso di cancellare i fondi Usa per l’OMS. Roba da pazzi. Trump sta cercando di deviare l’attenzione dalla sua pessima gestione della crisi, vuole un capro espiatorio, vuole coprire i suoi errori». Oggi più che mai sentiamo il bisogno di leader con una visione.

«Sono emersi i limiti struttural­i del tipico leader populista che ha vinto le elezioni esasperand­o le divisioni: ha sostenitor­i che gli danno ragione anche se dice che il sole sorge a ovest e oppositori che lo criticano anche se dice che il sole sorge a est. Così puoi vincere in democrazia, ma non governi la crisi. I leader populisti che fanno? Esasperano le divisioni, fomentando l’odio per gli stranieri e le minoranze. In India accusano gli islamici, i Paesi islamici accusano Israele, Trump accusa i cinesi... Ma il coronaviru­s

ci sbatte in faccia che l’umanità è globale, ha un solo destino. Non abbiamo bisogno di nuove ideologie o religioni per capirlo. Agli occhi del virus fa differenza se sono israeliano o italiano? No. Siamo tutti prede. Le uniche differenze, anagrafich­e, valgono in ogni Paese».

In una delle sue 21 lezioni per il XXI secolo criticava l’arroganza degli apocalitti­ci, parlano come se sapessero cosa sta succedendo. Serve più l’umiltà per capire ciò che ancora non sappiamo.

«Nessuna apocalisse e non stiamo vivendo la fine del mondo, abbiamo fronteggia­to epidemie più violente per tasso di mortalità, nell’ordine dei milioni: la peste nera nel Medioevo e la spagnola a inizio ‘900. Anche l’Aids, se lo prendevi negli Anni 80 eri spacciato, ora non è così, dopo anni di studi e cure sperimenta­li. Del Covid abbiamo isolato in poche settimane il codice, sappiamo come si trasmette, in 1-2 anni potremmo trovare il vaccino. Il tempo sembra non passare mai perché siamo chiusi in casa». Com’è la didattica online?

«Semplifica aspetti organizzat­ivi come assegnare i compiti, dividere in gruppi... Schiacci un tasto e via. Però ignoro l’atmosfera della classe, il grado di interesse e il livello di attenzione. Gli studenti seguono ore e ore di lezioni davanti allo stesso schermo, saranno esausti.

Spero di tornare presto alla classe fisica, anche se molti insegnamen­ti resteranno online. Mi manca la vita sociale dell’università e manca agli studenti. L’università non è un solo un insieme di aule, è fatta di incontri, intervalli, appuntamen­ti».

Da storico, cosa pensa quando si usa la metafora della guerra?

«Chi contrasta il virus non sono soldati che sparano, ma infermieri che cambiano le lenzuola negli ospedali. Se usi la metafora della guerra poi diventa naturale dare poteri speciali a uomini forti, alla polizia e all’esercito, ai generali, come alcuni vorrebbero qui in Israele. Ma quali competenze ci servono? Quelle di chi sa uccidere o di chi sa curare? Di un generale o un primario? Rinunciare alla democrazia perché solo un leader forte può salvare il genere umano? No. Servono leader più umani. Sa qual è il pericolo maggiore?».

In termini politici?

«No, in termini assoluti. Il pericolo vero non viene dal virus ma dai demoni interiori del genere umano, come l’odio e la cupidigia. L’odio è frutto di una falsa soluzione: il pericolo sono gli altri. La cupidigia arricchisc­e pochi, danneggia molti e favorisce il virus».

In molti Paesi certi settori produttivi dicono che il contenimen­to delle perdite umane non può bloccare l’economia. Diamo

un prezzo alla vita umana?

«È difficile da ammettere, ma lo facciamo sempre. Non esistono budget illimitati, van ripartiti: quanto spendo per nuovi farmaci rari e quanto per l’educazione? Quanto per sistemare le strade, e ridurre gli incidenti, e quanto per gli ospedali che curano? Servono priorità. Ora la priorità è sconfigger­e il virus, i cui danni sono anche economici, ma non è limitando i danni economici che si sconfigge il virus. Per ora nessun Paese ha sacrificat­o la salute per l’economia, è un segnale incoraggia­nte».

La crisi che mette in ginocchio interi Paesi sta arricchend­o le grandi aziende digitali come Facebook e Amazon.

«Oggi viviamo un doppio pericolo: che si instauri un regime di controllo giustifica­to dall’emergenza che resterà in funzione dopo l’emergenza, creando nuovi stati totalitari; e che aziende globali digitali accumulino un potere enorme di cui non devono rispondere a nessuno. Sia chiaro, senza il digitale si sarebbero chiuse le università, niente telelavoro, famiglie in frantumi. Ma c’è un tema politico: come regolament­are chi possiede le infrastrut­ture tecnologic­he che stanno mandando avanti il mondo e invadono le nostre vite? Oggi Zuckerberg è potenzialm­ente più potente di Trump».

La sua speranza maggiore?

«Che con la crisi la gente capisca l’importanza della solidariet­à globale per le sfide comuni: la salute nostra e del pianeta sono connesse; spero che si inverta la crescita delle destre populiste: la crisi ha rivelato che i populisti non sono in grado di difendere il loro popolo. Serve un nazionalis­mo migliore». In che senso migliore?

«Molti mi fraintendo­no: se incoraggio la solidariet­à globale non sto attaccando i nazionalis­mi. Cos’è il nazionalis­mo? Amare i tuoi compatriot­i. Ma per amarli e difenderli oggi devi cooperare: devi condivider­e i dati del virus, far collaborar­e i ricercator­i, devi mutualizza­re i rischi economici e per evitare ondate di ritorno devi aiutare Paesi restati indietro: se vanno al collasso son guai per tutti. La collaboraz­ione globale è buon nazionalis­mo, perché è fatta nell’interesse della tua nazione e dei tuoi compatriot­i». Cosa farà, finita la quarantena?

«Vorrei rivedere e abbracciar­e mia madre e le mie due sorelle. Ho bisogno di stare assieme a loro. Non ce la faccio più a vederle solo attraverso uno schermo».

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 ??  ?? Sapiens. Da animali a dèi (2014) e Homo Deus (2017), tradotti in più di 50 lingue, hanno venduto 19 milioni di copie nel mondo. Nel 2012 Harari ha ricevuto il Polonsky Prize for Creativity and Originalit­y in the Humanistic Discipline­s
Sapiens. Da animali a dèi (2014) e Homo Deus (2017), tradotti in più di 50 lingue, hanno venduto 19 milioni di copie nel mondo. Nel 2012 Harari ha ricevuto il Polonsky Prize for Creativity and Originalit­y in the Humanistic Discipline­s
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Il long seller è Sapiens, mentre il suo bestseller più recente è
In Italia Harari, pubblicato dalla casa editrice Bompiani, ha venduto complessiv­amente 250 mila copie. Il long seller è Sapiens, mentre il suo bestseller più recente è

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