ABBUFFATE COSÌ CI CAMBIANO (IN PEGGIO) IL CERVELLO
troppo e mangiare male (e spesso le due cose vanno di pari passo) stanno diventando causa di tanti dei nostri mali fisici e mentali.
Gli Stati Uniti, ad esempio — ma come non citarli quando si toccano certi argomenti? — hanno uno dei peggiori rapporti tra spese sanitarie e stato di salute pubblica anche per l’influenza negativa dei comportamenti alimentari. E questo, in genere, vale per tutti i paesi occidentali in cui obesità, sedentarietà e fumo di sigaretta sono tra i principali responsabili di una aspettativa di vita più breve. Nello specifico, l’obesità ha un’elevata prevalenza, si sviluppa a partire dall’età infantile, coinvolge (come il fumo) enormi interessi di mercato ed è diffusa nelle classi sociali meno abbienti e nelle regioni più povere del mondo. È stato inoltre evidenziato come l’incremento dell’indice di massa corporea durante l’infanzia sia associato dieta iperglicemica si associa a un aumento di deposizione di una proteina tossica per il cervello, la ß-amiloide. Tutto questo è ciò che accade nella malattia di Alzheimer, la principale causa di demenza nei soggetti adulti e anziani. E se si pensa che la deposizione nel cervello di ß-amiloide comincia decenni prima dell’esordio dei sintomi della demenza, se ne deduce che accumulare questa proteina anche per cattive abitudini alimentari non faccia altro che aumentare il rischio di sviluppare questa grave condizione patologica.
Dato che al momento non vi sono trattamenti efficaci che possano arrestarne l’evoluzione sfavorevole, il mondo della ricerca si sta muovendo per provare a ridurre il rischio di contrarre la malattia di Alzheimer. Infatti, se è vero che mangiare troppo e male fa troppo male al nostro cervello, è vero an
che il contrario: mangiare bene, fa bene al cervello. Il consumo di alimenti ricchi di vitamina D, B12, zinco e omega-3 è associato a bassi depositi di ß-amiloide nel tessuto encefalico. Inoltre, se contemporaneamente a una dieta ricca di questi alimenti e povera di grassi, si agisce su cambiamenti (anche piccoli) di diversi altri fattori, quali l’esercizio fisico, quello cognitivo e l’attività sociale, si avrà un effetto ulteriormente positivo.
Ormai è noto che il “cibo spazzatura” non fa bene alla salute — e, probabilmente, il concetto di “cibo spazzatura” è molto più ampio di quanto comunemente crediamo. Ma se questa modalità di alimentazione ci fa così male, perché abbiamo tanta difficoltà a modificare le nostre abitudini? Tutto parte sicuramente dalla composizione dei cibi, studiata appositamente per arrivare al nostro cervello tramite il gusto e l’illusoria sensazione di nutrimento. Deliziosi pacchetti appositamente confezionati per incantarci. Per non parlare delle pubblicità che, dietro una patina scintillante, nascondono la sofferenza di milioni di umani e di miliardi di animali. Una sorta di ipnosi mediatica prima visiva, gustativa e cerebrale poi. La chiave è aspettare, non cadere nella tentazione immediata, lasciare passare il momento di maggiore vulnerabilità. In una parola, pensare per mangiare bene e quindi pensare ancora meglio.
Per parafrasare il filosofo Jacques Derrida, la questione non è tanto il fatto ovvio che “bene, dobbiamo pur mangiare”, ma che “dobbiamo mangiare bene” (per il nostro benessere) e che “dobbiamo mangiare il bene” (ossia cruelty-free, per il benessere degli animali e del pianeta).