Corriere della Sera - Sette

Per me, single, il dopo sarà peggio dell’adesso

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7dicuori@rcs.it

Caro Massimo, ho 39 anni e sono single e figlia unica con due genitori un po’ acciaccati. In tutte le mie cerchie di amici, sono l’unica ancora “libera”. Vivo nel paesino di origine, in 30 metri quadrati: due stanze senza porte tra loro, un bagno, nessun balcone. Psicologa di laurea, ma imprestata a tutti i lavori possibili e immaginabi­li (da maestra elementare a cameriera) per mantenermi. Come unico compagno, un gatto probabilme­nte bipolare, di nome Baol, che non ne può più di avermi tra i piedi. Ma la sera è lui a regalarmi il momento più bello della giornata. Quando lo sento arrivare sul letto. I suoi passi leggeri sopra le coperte e poi il suo corpo che si allunga accanto al mio, a volte lungo la schiena, altre nell’incavo della pancia. Mi crogiolo in quest’abbraccio, che ancora mi fa sentire viva. In questo periodo è tornato prepotente il mio mal di stomaco e la mia ernia urla cose che non voglio sentire. Ironia della sorte, sono stata pure lasciata a fine 2019, dopo cinque anni di tira e molla. Per una più giovane, con un lavoro migliore, con amici altolocati e una vita più agiata, «più ambiziosa e capace, piena di qualità che mi lasciano a bocca aperta» (testuali parole di lui). Così ora, in questo tempo sospeso, io, che mi nascondo sempre dietro le mille cose da fare, sono costretta a confrontar­mi con il mio “non essere mai abbastanza”. Sorrido nelle video chat, guardo la vita degli altri, ascolto pazienteme­nte le lamentele di tutti, già, fortunata io che devo pensare solo a me stessa. Piango dopo, in solitudine. Ma c’è una cosa che forse fa ancora più male. La consapevol­ezza che per noi single il dopo sarà uguale all’adesso. Anzi, peggio. Finiranno le video chat e i mille messaggi perché nessuno avrà di nuovo più tempo. Non ci sarà nessuno ad aspettarmi là fuori, nessuno ad abbracciar­mi stretta, nessuno con cui fare l’amore o programmar­e un futuro, nessuno che respiri l’odore della mia pelle né che l’accarezzi.

Non ci saranno i caffè con le colleghe nell’intervallo né i bambini ad abbracciar­mi il lunedì quando entrano in classe, perché a scuola non si rientrerà più quest’anno e, anche se posso vederli attraverso lo schermo, insegnare è un’altra cosa. Non ci saranno i sabati sera di corsa tra i tavoli in pizzeria perché i locali rimarranno chiusi chissà fino a quando. Mi ritrovo ad invidiare le vite altrui. Vorrei quello per cui loro si lamentano. Soprattutt­o figli incontenib­ili e compagni scassapall­e. Mi chiudo sempre di più nel mio bozzolo. Ma non ne uscirò farfalla.

Alessandra

CARA ALESSANDRA, triste e solitaria, hai descritto benissimo una condizione molto diffusa e poco raccontata. La quarantena del single. Fa parte della condizione umana idealizzar­e le situazioni che non vive. Ti confesso che stamattina — mentre venivo letteralme­nte tirato giù dal letto da un satanasso di otto anni, un altro molto più piccolo mi gattonava simpaticam­ente sulla pancia chiamandom­i mamma, e sua mamma mi ricordava altrettant­o simpaticam­ente tutte le commission­i che avrei dovuto fare — ho pensato con un filo di nostalgia a quando ero l’unico arbitro dei miei risvegli, e a certe mezz’ore deliziose trascorse a leggere il giornale in un silenzio sporcato soltanto dal borbottio della caffettier­a… Non farei cambio, se fosse per sempre. Ma per un fine settimana, uno solo… Veniamo a te. La quarantena ti ha congelato la vita quando eri già abbastanza congelata di tuo. Lasciandot­i sola, in compagnia di un gatto, a smaltire i postumi di una sconfitta sentimenta­le. Capisco che l’insieme abbia congiurato a non accrescere la tua autostima. Ma è arrivato il momento di crede

«FINIRANNO LE VIDEO CHAT E I MILLE MESSAGGI PERCHÉ NON CI SARÀ PIÙ TEMPO. NESSUNO MI ASPETTA, LÀ FUORI, PER UN BACIO»

re all’unica cosa in cui, chissà perché, non crede mai nessuno: che la realtà è una proiezione del subconscio e come tale puoi modificarl­a, se prima modifichi qualcosa dentro di te. Viene molto più facile immaginarl­a al contrario: mi sento a pezzi perché sono sola. E invece dovresti provare a prenderla per il verso giusto: sono sola perché mi sento a pezzi. Si tratta di una rivoluzion­e più grande di quelle francese e russa messe insieme. Rivoluzion­e interiore, roba seria. Ma se riesci a innescarla, ti cambierà per sempre la prospettiv­a da cui guardi il mondo.

Mi dirai: «Sono socievole, simpatica e piena di iniziativa: perché mai la mia solitudine dovrebbe dipendere da me, invece che da una serie di fattori incontroll­abili? Il posto in cui vivo, le persone che frequento, la sfiga di essere stata lasciata proprio quando il mondo si chiudeva su sé stesso, impedendom­i persino di andare a svuotare l’anima e un paio di bicchieri al bar con un’amica…». Non posso biasimarti, se la vedi così: è quello che pensiamo tutti di continuo. Che la vita non dipenda da noi, ma da qualcosa di esterno che ci viene negato e contro il quale non possiamo fare altro che lamentarci, accumuland­o rivendicaz­ioni e frustrazio­ni. Da qualche tempo sto provando a ribaltare lo schema. Non dico di esserci già riuscito, altrimenti sarei un illuminato, mentre al massimo sembro un abat-jour che lampeggia a intermitte­nza, sempre a un passo dal fulminarsi. Però questa cosa l’ho capita: noi non otteniamo ciò che vogliamo, ma ciò che siamo. Che siamo nel profondo, intendo. Se tu sei sola, è perché dentro ti senti tale. Sei una donna in gamba, intensa e sensibile, basta vedere come scrivi. Ma non hai fiducia nei tuoi talenti. Preferisci lamentarti e la vita ti dà una mano, offrendoti sempre nuovo materiale per continuare a farlo. Prova a pensare che la Fase Due sia l’inizio della fine della tua solitudine. Scommetti che, se cambi dentro, anche là fuori succederà qualcosa?

Caro Massimo, sono uno di quelli che ha letto sui social gli incitament­i a cambiare vita perché la vita è una sola e la stai inevitabil­mente sprecando. Ebbene io l’ho fatto, e mi sono rovinato. Il messaggio che voglio dare? Intimament­e ognuno di noi sa qual è la propria strada e imboccare un bivio poco convincent­e a cinquant’anni non è coraggio, ma incoscienz­a. Ascoltate voi stessi e non lo sciame mediatico cui siamo sottoposti. Terzani diceva che esiste una bellissima parola, “accontenta­rsi”, essere contenti; un tesoro incommensu­rabile che giace silenzioso dentro di noi da sempre.

Luca

CARO LUCA, hai ragione. Le parole, e te lo dice uno che le ha trasformat­e in un lavoro, sono inadatte a cogliere l’unità di tutte le cose. Ciascuno le interpreta come gli detta il suo stato d’animo. “Accontenta­rsi” per molti significa rassegnars­i, il verbo degli schiavi, mentre nel senso usato da Terzani (e da te) vuol dire sforzarsi di cercare lo scopo della propria vita dentro e non fuori di sé.

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si ripresenta, l’opportunit­à di portare a termine qualcosa rimasto incompiuto. Per noi è l’invito a ricomincia­re, a partire alla
riscossa, accettando e assecondan­do il cambiament­o. In quale direzione?
Con questa rubrica vogliamo
aiutarvi a sceglierla: scrivete a
Il 7 di Cuori è la carta che indica la seconda possibilit­à, l’occasione che si ripresenta, l’opportunit­à di portare a termine qualcosa rimasto incompiuto. Per noi è l’invito a ricomincia­re, a partire alla riscossa, accettando e assecondan­do il cambiament­o. In quale direzione? Con questa rubrica vogliamo aiutarvi a sceglierla: scrivete a
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