CHI NON C’È PIÙ»
Lo scrittore spiega quali sono le radici delle nuove storie in cui esorcizza i fantasmi della nostra vita quotidiana. Fra iper-connessione, paura della morte, ricerca di conforto. E recita la vecchia filastrocca delle sue quattro zie
di catastrofi del mondo reale. Ci sono telefoni che squillano anche se i loro proprietari sono morti giornalisti sospettosamente in anticipo sulla scena del crimine e su cui indaga una vecchia conoscenza dei lettori di King, l’investigatrice Holly Gibney cartelloni pubblicitari con misteriosi messaggi di auguri mentre un terremoto ha sconquassato gli Usa inabissando la California e facendo saltare Internet scrittori a corto di immaginazione che stringono un patto con il diavolo( Il Ratto, dove King ha inventato una conferenza di Franzen).
Nel testo che anticipiamo per i lettori italiani, parte del racconto Il telefono del signor Harrigan, vita e tecnologia si fondono fino all’inverosimile. King indaga il rapporto fisico e metafisico che abbiamo con i cellulari: l’iper-connessione e le sue chimere. Il protagonista è Craig, un adolescente che lavora per il signor Harrigan, cui regala un iPhone. Alla morte dell’uomo, il ragazzo infila il telefono nella sua giacca, un obolo per l’aldilà. Cosa succede? Non vi anticipiamo nulla, ma il cellulare pare un tramite tra Craig e il signor Harrigan, realizzando quello che tutti noi, almeno una volta nella vita pensiamo se una persona cara scompare e ci ritroviamo il numero in rubrica: se la chiamo, cosa succede? Ci si spaventa da morire, racconta King in una nota in coda al libro, dove confessa di inventare spiegazioni quando gli chiedono le fonti di ispirazione. Questa volta, assicura, vuota il sacco.
«Quando mia madre, o una delle mie quattro zie, vedeva una donna spingere una carrozzina, capitava spesso che recitasse una filastrocca che aveva imparato dalla sua, di madre: “Da dove sbuchi, ragazza mia? Dal nulla, o ti sei persa per la via?” Capita anche a me di pensare a questi versi, quando qualcuno mi chiede da dove ho preso l’idea per una delle mie storie. Spesso non conosco la risposta, il che mi crea imbarazzo e anche un po’ di vergogna (dev’essere senza dubbio frutto di qualche complesso sviluppato durante l’infanzia). A volte rispondo onestamente (“Non ne ho idea!”), ma in altre occasioni
«DA RAGAZZINO HO VISTO UN FILM, O ERA UN PROGRAMMA TV, IN CUI UN TIZIO HA PAURA DI VENIRE SEPOLTO VIVO E SI FA METTERE UN CITOFONO NELLA CRIPTA»
mi invento una cazzata, fornendo a chi mi ha fatto la domanda una spiegazione soddisfacente e quasi razionale, con una causa e un effetto. Stavolta, però, cercherò di essere onesto».
D’altronde, l’idea su cui ruota Il telefono del signor Harrigan si è sedimentata nel tempo: «Può darsi che da ragazzino abbia visto un film – probabilmente uno degli horror prodotti dalla American International che davano al cinema Ritz di Lewiston, dove andavo in autostop con il mio amico Chris Chesley – in cui un tizio aveva così tanta paura di essere sepolto vivo che si faceva installare un telefono nella cripta. O forse potrebbe essere stato un episodio di Hitchcock presenta Hitchcock. Comunque sia, l’idea ha continuato a frullare nella mia mente fantasiosa di ragazzino: un telefono che squillasse nel regno dei morti. A distanza di anni, dopo che un mio caro amico era morto all’improvviso, ho chiamato il suo cellulare solo per sentire la voce ancora una volta. Invece di trarne conforto, mi sono spaventato a morte. Non l’ho mai più fatto, ma quella telefonata, insieme al ricordo infantile, è il seme da cui è germogliato il racconto».
Oggi viviamo immersi, a volte persi, nel digitale. Sembra un eterno presente, in cui non bisogna farsi intrappolare. «È stato divertente tornare a un periodo in cui i cellulari in generale e l’iPhone in particolare erano ancora agli albori. Nel corso delle mie ricerche, l’esperto di informatica al quale ricorro sempre,
«ADORO IL BALLO E IL MODO IN CUI LIBERA LA MENTE E IL CUORE DELLE PERSONE. TANTO DI UN MUSICISTA DI STRADA QUANTO DI UOMO D’AFFARI»
Jake Lockwood, ha comprato un iPhone di prima generazione su eBay e l’ha rimesso in funzione. È qui vicino a me, mentre scrivo questa nota. Posso andare su Internet, seguire l’andamento della Borsa e le previsioni del tempo. Non posso usarlo per telefonare perché è un 2G, e questa tecnologia è morta come le videocassette Betamax».
Il racconto è nato da un’idea che non si sapeva spiegare. «Un giorno mi è venuto in mente un cartellone pubblicitario con il titolo “Grazie, Chuck!”, la foto di un tizio e le parole “39 splendidi anni”. Credo di aver scritto la storia per scoprire a cosa alludesse il cartellone. Sono convinto che ciascuno di noi – dai re e i principi a quelli che lavano i piatti alla Waffle House o alle ragazze che cambiano le lenzuola nei motel sull’autostrada – contiene il mondo intero».
King fa ballare un uomo d’affari con un musicista, una scena innescata su un ricordo reale di Boston. «Ho visto un uomo che suonava la batteria in Boylston Street. La gente gli passava davanti senza quasi degnarlo di un’occhiata, e il cestino vicino a lui (non un cappello magico) languiva quanto a offerte. Mi sono chiesto che cosa sarebbe successo se qualcuno, il classico uomo d’affari, per esempio, si fosse fermato e avesse cominciato a ballare, come Christopher Walken nel video di Fatboy Slim, Weapon of Choice. Adoro il ballo e il modo in cui libera la mente e il cuore delle persone, e scrivere la storia è stata una gioia».