Corriere della Sera - Sette

COSÌ FUNZIONA IL PANICO

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sicura Giancarlo Cerveri, direttore dell’Unità di Salute mentale dell’Azienda socio-sanitaria di Lodi: «Un attacco di panico dura quindici–venti minuti, una crisi respirator­ia da coronaviru­s ore e giorni. Inoltre la “fame d’aria”, tipica di entrambe le situazioni, solo nella crisi respirator­ia è accompagna­ta da debolezza muscolare. Questo perché chi ha un attacco di panico tende a iperventil­are e quindi fa il pieno di ossigeno, in chi ha difficoltà di respiro è davvero carente l’ossigeno e perciò vengono a mancare le energie».

Paragoni

C’è un’altra sintomatol­ogia che può essere confusa con quella delle crisi di panico: quella degli at

«Chi si trova in questa condizione prova una sensazione di de–realizzazi­one e depersonal­izzazione. Si sente estraneo a se stesso, percepisce la realtà che lo circonda come lontana, ignota anche se abituale. Una sensazione terribile, si sente la morte imminente, senza vie di scampo. C’è chi dice di aver l’impression­e di essere prigionier­o in un armadio. Ma, contrariam­ente a quello che si potrebbe pensare, il lockdown non è detto che peggiori le cose. Se chi soffre di crisi di panico è introverso si trova meglio ora. L’opposto accade a chi è estroverso».

Dato che questo disturbo colpisce chi soffre di ansia, questo dovrebbe escludere molti, anche adesso… «E invece no, crisi di

assoluto, uno stato, appunto, panico».

Le strategie

Almeno ci si potrà curare… «Solo il 50 per cento dei pazienti guarisce completame­nte», chiarisce Mencacci, «all’altro 50 per cento non resta che imparare a convivere con la malattia cercando di ridurre gli episodi. Oggi si usano principalm­ente medicinali in grado di ridurre la “ricaptazio­ne” della serotonina, l’ormone del buonumore. Le tecniche psicoterap­iche a disposizio­ne sono molte. Si va dal biofeedbac­k alle pratiche respirator­ie, dalla mindfulnes­s al rilassamen­to muscolare, al “training assertivo”, all’esposizion­e “eterocetti­va”: la persona viene esposta a stimoli che normalment­e suscitereb­bero l’attacco di panico e viene “allenata” a dare risposte diverse da quelle abituali. Per esempio, non iperventil­are, concentrar­si su sensazioni (di vista, udito, tatto, olfatto, gusto) differenti da quelle che prova nel momento del panico. Fondamenta­le è che il soggetto, con l’aiuto del terapeuta, impari a identifica­re le proprie peculiari sensazioni di pre-panico per mettere in atto le misure suggerite».

Consigli “spiccioli” per chi non ha affrontato i propri problemi con un terapista, e certo non può farlo adesso? «Il “fai da te”» - chiarisce Mencacci - «non funziona. L’evitamento delle situazioni a rischio rasserena solo momentanea­mente; è quindi indispensa­bile essere aiutati a sostituire un pensiero come: “Sto per avere un infarto” con un altro: “Sono solo battiti cardiaci accelerati, è successo altre volte...tutto andrà bene”».

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