IL LATO BUONO DELLA PAURA
È
la regina nera delle nostre emozioni, soprattutto in queste settimane di incertezza e precarietà: può rappresentare un blocco inamovibile o la motivazione più forte. Un grande genetista racconta gli attacchi di panico che hanno segnato una fase della propria vita e mette in guardia dall’idea (sbagliata) che oggi non occorra più combattere e rischiare
come malattia, della quale vale la pena di parlare. Mi riferisco agli attacchi di panico o crisi di panico, una patologia non grave ma piuttosto diffusa che tormenta la vita di molte persone. Compreso me, che ne ho sofferto per anni, in un tempo nel quale questa patologia non aveva neppure un nome. Si ha l’impressione di essere assaliti improvvisamente da una scarica di paura, allo stesso tempo specifica e generalizzata. E improvvisamente vuol dire improvvisamente, perché può succedere in ogni momento e senza il minimo preavviso: un fulmine a ciel sereno, insomma.
La paura è accompagnata da una serie di eventi somatici che possono cambiare da persona a persona, ma che hanno tutti un elemento comune: un insistente batticuore accompagnato generalmente da una certa commozione viscerale, sudore e una
sensazione di morte imminente. Quest’ultimo vissuto soprattutto è il sapore acre della malattia.
Quando “alza la voce”
Il punto è che la paura rappresenta un segnale d’allarme e come tale non può permettersi di passare inosservata. Per questo alza la voce e si fa sferzante e perentoria. Le prime volte il paziente non capisce di che cosa si tratta, né lo capiscono le persone che gli stanno intorno. Quando però il fenomeno si ripresenta con una certa frequenza, la cosa balza agli occhi e bisogna ricorrere al medico. E il medico oggi può far molto anche se non tutto per tutti. Può suggerire di affidarsi all’assunzione di basse dosi di un qualche tranquillante o il ricorso a una psicoterapia breve o, meglio, una sapiente combinazione delle due cose. In tal maniera molti si liberano dell’inconveniente, che ha spesso però il vizio di ricomparire, mentre per altri il problema è più complesso.
Metafora della vita
Se si dovessero ordinare i vari disturbi cui possiamo andare incontro per la quantità di sofferenza che ci arrecano, gli attacchi di panico si classificherebbero molto bene, forse troppo bene. Non si tratta, abbiamo detto, di un dolore, di un bruciore o di un’irritazione, ma di qualcosa di simile all’esplosione o all’implosione di noi stessi. Una sensazione di annientamento in presenza di testimoni: noi. L’unica consolazione è rappresentata dal fatto che, come dice mio fratello Vieri, medico del corpo e della mente «più che il sintomo non c’è che il sintomo». Una metafora della vita, in fondo. Che cosa sta a si