L’assembramento sembrava poetico
«IO VOGLIO DEL VER la mia donna laudare / ed asembrarli la rosa e lo giglio». Forse qualcuno se li ricorda per averli studiati a scuola: sono versi di Guido Guinizzelli, il poeta che Dante nel Purgatorio chiama «padre / mio e de li altri miei miglior che mai / rime d’amor usar dolci e leggiadre». Sono versi che mi tornano alla memoria ogni volta che sento parlare di quell’assembramento da evitare con molta attenzione anche nella cosiddetta Fase 2 dell’epidemia da coronavirus. E allora la domanda è: c’entra qualcosa il verbo usato da Guinizzelli con il sostantivo che da qualche mese sentiamo risuonare in ogni notiziario? Asembrarli e assembramento hanno qualcosa in comune? Sembrerebbe di sì: attenzione, però, perché – appunto – c’è di mezzo il verbo sembrare.
Ma andiamo per ordine. La parola assembramento si riferiva in origine a un’adunanza militare, poi è passata a indicare genericamente un radunarsi o affollarsi di persone in un luogo all’aperto; mantenendo, però, una certa accezione ostile. Se nel Medioevo si usava anche la parola assembraglia (con lo stesso suffisso di gentaglia o canaglia), non sarà un caso che gli esempi più frequenti fatti oggi dai dizionari riguardino il «proibire» o lo «sciogliere un assembramento», come quello «di curiosi, di teppisti, di tifosi». Il significato giuridico di assembramento, d’altra parte, è quello di un raduno che