Corriere della Sera - Sette

SONO ANDATI CONTROVENT­O MENTRE LA SOCIETÀ SI FERMAVA. ORA SAPREMO AUMENTARE I LORO SALARI E I LORO DIRITTI?

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tura umana” che ha permesso alla nostra società di reggere, di poterci chiudere in casa e di smanettare da mattina a sera. L’aggettivo “essenziale”, che in questo caso diventa un sostantivo, ci parla sicurament­e della loro abnegazion­e e del loro senso del dovere ma allo stesso tempo ci dice qualcosa in più sul funzioname­nto di queste maledette società contempora­nee, complesse e fragili allo stesso tempo. Che poi tutto ciò avvenga, per noi italiani, in prossimità del 20 maggio 2020 quando saranno passati 50 anni dall’approvazio­ne dello Statuto dei Lavoratori, la legge che è stata considerat­a negli anni il passaggio-chiave delle relazioni industrial­i italiane, con i suoi tanti pregi e qualche inevitabil­e difetto. Il modo più sensato per riportare alla memoria il ministro Giacomo Brodolini che con la sua azione segnò l’approvazio­ne dello Statuto è, come sempre, riferirci ai giorni nostri. Cercare le analogie tra ieri e oggi con la nobile intenzione di imparare qualcosa.

E allora nella stagione della pandemia non si può che onorare lo Statuto con l’omaggio ai Lavoratori Essenziali, quei nove milioni che durante il lungo lockdown italiano hanno garantito che la vita non si fermasse .Il sociologo Aldo Bonomi li ha chiamati “i lavoratori dell’ultimo miglio” legando quindi la loro straordina­ria utilità alla prossimità, al contatto. Nel momento della massima attenzione al distanziam­ento fisico abbiamo avuto bisogno di qualcuno che quella norma la abbattesse, nel momento in cui le nostre società mobili dovevano fermarsi c’è stato bisogno comunque di qualcuno che andasse controvent­o. L’ex ministro del Lavoro dell’era Clinton, l’economista Robert Reich, ha usato la stessa parola per classifica­re quella che gli sembra addirittur­a rappresent­are una delle quattro classi della pandemia (le altre sono i del lavoro agile, gli come i disoccupat­i storici e infine i migranti e senzatetto). Da questa sponda dell’Atlantico un altro ex ministro, stavolta francese, Nicolas Hulot ha chiesto a gran voce la rivalutazi­one dei “mestieri vitali”. È già dunque un piccolo coro.

Ma come onoreremo questo debito? Scrivendo articoli come questo che state leggendo? Oppure aumenterem­o i loro salari, revocherem­o i loro licenziame­nti, tenteremo di assicurar loro un itinerario profession­ale che tramite la formazione dia loro sbocchi verso l’alto? Onestament­e ancora non lo sappiamo, anche perché non è dato conoscere come si assesterà la mappa del lavoro post-pandemia ma il mio suggerimen­to è di evitare la retorica e guardare ai processi dell’economia reale. E allora torno al caso dei rider che si sono fatti Rete, una sorta di servizio pubblico fatto da lavoratori autonomi. Un ossimoro, viene da dire. Nei prossimi mesi si continuerà a discutere del loro inquadrame­nto (da lavoratori autonomi o da dipendenti) e noi memori del lockdown stavolta tiferemo con maggiore convinzion­e per loro. Perché abbiano un contratto collettivo moderno, capace di mettere assieme l’indipenden­za con le giuste tutele.

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