Corriere della Sera - Sette

La bella Milano di Scerbanenc­o Vanzina romano pop

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SCRIVE SILVANO CALZINI: «Se Alberto Arbasino è stato la nostra Belle Époque, come dice lei, allora Giorgio Scerbanenc­o è stato la nostra Nouvelle Vague. Arbasino era naturalmen­te aristocrat­ico, rarefatto e fintamente frivolo. Scerbanenc­o naturalmen­te plebeo, terragno e fintamente sciatto. Insomma, è la dottrina dei contrari di Eraclito, uno che non parlava mai a vanvera. Avete presente Arbasino? Ecco, Scerbanenc­o invece era uno spilungone magro come un chiodo, sempre con la sigaretta in bocca e una meraviglio­sa faccia un po’ così, a metà strada tra Totò e Marty Feldman, il comico inglese con gli occhi a palla. È morto nel 1969, ma a chi si trovasse a Milano consiglio un giro dalle parti della Stazione Centrale; passando davanti agli alberghett­i di via Vitruvio si può ancora sentire il profumo, o forse sarebbe più giusto dire il fetore, di un’atmosfera. La stessa dei suoi racconti, con quel retrogusto amarognolo di una città in bianco e nero con i night fumosi, la droga, la prostituzi­one, le rapine a mano armata e il gioco d’azzardo».

Bei tempi, caro Silvano. Una domanda: non trova che anche il poeta Edoardo Sanguineti somigliava a Marty Feldman?

IN STILE DA ANTICO romano, addirittur­a tacitiano, Enrico Vanzina scrive: «Ci tengo a tranquilli­zzare il lettore Ruzzante. Mi definisce con obbrobrio un romano radicalchi­c. La verità è che i radical-chic romani non mi invitano sulle loro terrazze perché mi consideran­o troppo pop. Che significa popolare, per fortuna. È la meraviglia dei punti di vista».

SEGUE DIBATTITO (sulle terrazze romane) con Renzo Rando: «Su Sorrentino sto con il sig. Di Nunzio: è un qualunquis­ta da terrazza. Ma sto pure col sig. Radice (parente del Radix grande allenatore?), che loda l’assoluta maestria del regista con la macchina da presa (il che rende ancora più insopporta­bile il suo qualunquis­mo). E comunque: averla, la terrazza, in questi tempi infami!».

Le dirò, come posizione ideologica preferisco il comunquism­o, mi è sempre parso più intrigante.

MAURIZIO G. BRUNO SCRIVE: «La seguo da tempo e non mi sono mai pentito dei suoi suggerimen­ti. Però i suoi suggerimen­ti hanno lasciato il posto a interventi dei lettori, che possono anche essere interessan­ti, ma tolgono spazio alle preziose “recensioni”».

Comunicazi­one di servizio: dal prossimo numero la rubrica con le “recensioni” (ora si chiamava Passaparol­a) non ci sarà più. Grazie a tutti per l’ultra-ventennale (è durata più del fascismo) fedeltà.

SUGLI INTERVENTI DEI LETTORI SCRIVE anche Paola Virgili: «Gentile D’O e club (Calzini, Ciampa, Conte, etc.), ho l’impression­e che due siano gli argomenti ai quali amate indulgere: il calcio (mitologia e leggenda) e il sesso (amatori incappotta­ti, incipit pruriginos­i). Non per fare l’insofferen­te o la moralista. Figuriamoc­i. Così per dire. Con immutabile, incondizio­nata ammirazion­e».

La ringrazio, ma mi faccia capire una cosa. L’incipit che segue è pruriginos­o? «Era inevitabil­e: l’odore delle mandorle amare gli ricordava sempre il destino degli amori contrastat­i».

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