MIO (E DI BOB DYLAN)»
È un leggendario tratto di strada che attraversa il Paese da nord a sud. Nasce sul confine canadese, tra le foreste boreali sulle sponde del Lago Superiore, e finisce a Broad e Tulane, nella calura odorosa e sonnolenta di New Orleans.
Un lungo rapporto mi lega all’Highway 61. Sono nata in una cittadina che si affaccia su questa strada, nel Minnesota del Nord, e come me anche i miei genitori e le sorelle. Quasi tutti i miei familiari – nonni, zie, zii e cugini – sono nati e cresciuti, si sono sposati e sono morti lungo quel medesimo nastro d’asfalto. Prima che fosse costruita l’autostrada federale, la Highway 61 era l’unica arteria che correva tra nord e sud.
Durante la mia infanzia, si andava in visita ai parenti, alle fiere di campagna, alle sfilate del Giorno della Memoria e del Quattro di luglio. Nelle occasioni importanti, si prendeva la macchina per raggiungere le grandi città di Minneapolis e St. Paul.
«Se abitassi qui, saresti già a casa», recitava a caratteri cubitali un cartellone pubblicitario appena fuori dall’area metropolitana delle due città. Ogni volta che lo vedevo, da piccola, non potevo fare a meno di pensare, «Ma se vivessi qui, avrei una famiglia diversa, una vita diversa. Non sarei nemmeno io, sarei qualcun altro». E mi sarei persa nel capitolo successivo dei miei sogni ad occhi aperti. Nel 1965, ho acquistato il mio primo album, Highway 61 Revisited, opera di un mio concittadino. Ma se la Highway di Bob Dylan non coincideva con la mia, è pur sempre stato lui a renderla celebre, a farla sembrare importante. E mi pareva di condividere con lui un segreto molto speciale.
A 18 anni ho lasciato casa e sono salita su un bus Greyhound alla fermata del Tulip Shop a Cloquet: direzione sud, Highway 61. Da lì sarei andata in Europa e poi ancora oltre, per dare inizio a una nuova vita.