Manuela, la figlia di Escobar che per lei “creò” un unicorno
A episodio 38 mi domando quanto duri. A 42 rifletto sul meccanismo ripetitivo, strano che gli americani abbiano realizzato una serie così sbilanciata. A episodio 45 cerco su Google, per scoprire che ciò che sto guardando da inizio quarantena, che ho scelto approcciando Netflix per la prima volta,
scrivendo nel campo di ricerca Pablo Escobar, non è la serie americana di cui ho tanto sentito parlare, ovvero Narcos, bensì Pablo Escobar – El Patrón del Mal, telenovela colombiana, 113 episodi. Passo a Narcos che non riesce a appassionarmi. Artificioso, niente a che vedere con la storia reale che per me è la telenovela. El Patrón del Mal ha colonizzato il mio immaginario. Pablo Escobar (Andrés Parra) è grasso, con doppio mento, e riporto ai capelli. Inadeguato, peone quanto i personaggi di contorno come la moglie. E come la madre, donna Enelia, che ingrassa e invecchia lungo le 113 puntate. Nella rappresentazione americana manca la Colombia, il sentimento. Manca il Pablo disadattato, intimorito dalla madre che spesso lo contesta: «I figli sono quelli che si fanno con la moglie, non con l’amante. La messa si fa solo in chiesa, Pablo. E la tua chiesa è Paty». Il figlio ringrazia per il discorso – «muchísimas gracias, mama» –, e fa abortire l’amante, la quale prova a opporsi, al che lui la fa rapire e anestetizzare. Manca, nella versione americana, il Pablo innamorato della moglie, e dei figli, in particolare della femmina.
Chi ha conosciuto Escobar racconta di quella predilezione, quasi obnubilamento verso la bambina. Amorcito vuole una giraffa? Ecco arrivare in giardino una giraffa vera. Princesa Manuela (nella serie tv è Danielita; ndr) desidera un unicorno in carne e ossa? Escobar fa impiantare un corno di mucca sulla fronte di un cavallo. Si narra che la guerra tra i cartelli sia nata in conseguenza della bomba che compromise l’udito della bambina. Struggente nella telenovela Escobar che si precipita in ospedale, che irrompe nella sala operatoria dove stanno operando la figlia, e s’inginocchia di fronte a lei come in preghiera, per poi rialzarsi e puntare la pistola contro i medici: se la bambina muore, moriranno anche loro.
E a proposito di figli, a un certo punto la me spettatrice ancora convinta di guardare Narcos s’interroga sul perché di tanto spazio alla sofferenza dei familiari del giornalista assassinato, Guillermo Cano, quando le vittime di Escobar sono decine, centinaia, civili inclusi. Perché quel soffermarsi sul lutto di ogni figlio di Cano. E anche in questo caso la risposta su Google: Pablo Escobar – El Patrón del Mal è scritta da Camilo Cano, figlio di Guillermo. Insieme a Juana Uribe, nipote di Luis Carlos Galán, candidato alla presidenza, vittima di Escobar. Ecco spiegata la potenza di questa telenovela che – seppur nelle sue sproporzioni narrative – restituisce tenerezza e dolore di vittime e carnefici, ossia di un popolo intero. Con l’atto poetico, infinitamente cristiano, di dare umanità all’assassino dei loro padri. Un unicorno nel giardino di tutti.