Corriere della Sera - Sette

«CUCIO PRESINE, NON SONO BRUTTE...»

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donne abituate a gestire organizzaz­ioni complesse multilivel­lo, in famiglia, sul lavoro e nello studio, con velocità e abilità facili, possono diventarlo, protagonis­te. Se fosse la Natura a decidere ripopolere­bbe almeno 50/50, perché sono meno a rischio di sviluppare la malattia grave dei loro coevi». Più saggi e sagge a seguire la Natura anche qui.

«E noi dobbiamo seguirla con le nostre Intelligen­ze collettive. È un percorso che ho cominciato 15 anni fa, piantando semi e iniziative e credo che sia arrivato il momento di raccoglier­e. Oggi si sta risveglian­do un movimento trasformat­ivo dal basso, sto raccoglien­do centinaia di ricercator­i di altissimo livello e di diverse discipline, perché questa è una “malattia delle città”, legata ai trasporti e all’ambiente: a Milano e in Lombardia non sarà mica stata colpa solo del servizio sanitario. C’è tutta una Rete intorno alle città lombarde molto attiva, con una popolazion­e che si muove in continuazi­one. I raggruppam­enti di massa sono a rischio perché prevedono la vicinanza fisica di persone che potrebbero essere infette. Ne basta una. Il coronaviru­s non ha le ali. Si sposta con le persone e qui ci è arrivato con gli aerei, non con una scatola di Amazon. Forse bisognereb­be studiare per rinnovare i treni con comparti difettosi, con tutta quella gente ammassata ogni giorno, e sarebbe una buona idea. E con questo movimento, che nasce in collaboraz­ione con il Cern di Fabiola Gianotti (che mette a disposizio­ne le infrastrut­ture e il stato un dono».

E l’altra cosa?

«Il rumore per me magico della macchina per cucire, ta-ta-ta, il rumore dell’infanzia. Un’amica aveva un esemplare di cui doveva sbarazzars­i, io l’ho accolto volentieri, non sapendoci far niente ho cominciato con la cosa più semplice: le presine da cucina, indispensa­bili per non bruciarsi. Non sono brutte, anche se dovevano essere tonde e invece mi sono venute quadrate, rosse da una parte, viola dall’altra, gialle, blu… c’è anche un modello che ho chiamato signora di campagna, piena di fiori da entrambe le parti. Le ho chiamate rose quadrate, perché sono così, come tutte noi. Pilastri della società che hanno tirato fuori due marce in più».

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