E ROUSSEAU ANDÒ IN CRISI
C’era una volta Rousseau. Non il filosofo Jean-Jacques, che ha un posto assicurato nella storia. Quella che rischia di finire tra gli attrezzi in disuso, memorabilia di un passato tutto sommato dimenticabile, è la piattaforma intititolata al padre del «Contratto Sociale» e lanciata il 12 aprile 2016 (giorno della morte di Gianroberto Casaleggio), sette anni dopo la fondazione del Movimento 5 Stelle.
La parola Rousseau, nel microcosmo a 5 Stelle, viene associata al «sistema operativo», ma anche all’omonima associazione. Si tratta di un sito che partecipa della natura ibrida del Movimento, verticale e orizzontale allo stesso tempo: è figlia dei Casaleggio, Gianroberto e Davide, parente alla lontana di Beppe Grillo, ma pensata anche per dare attuazione e concretezza ai fondamenti ideologici del Movimento, che propugnano l’idea della democrazia diretta, della partecipazione e della disintermediazione. Nel 2016 la piattaforma è stata donata dalla Casaleggio Associati all’Associazione Rousseau, di cui Davide è presidente, tesoriere e amministratore, e che è del tutto autonoma dal Movimento (che però, nello Statuto, la designa come luogo privilegiato delle votazioni).
Il paradosso, uno dei tanti quando si parla dei 5 Stelle, è che il declino progressivo della
La piattaforma che è diventata il sistema operativo dove i 5 Stelle votano (finora si sono svolte lì 304 consultazioni) è in declino. Un vero paradosso per la democrazia diretta, che avrebbe dovuto essere rilanciata ai tempi del lockdown. Ecco che cosa è accaduto
piattaforma, fiore all’occhiello dell’approccio cybertecnologico dei Casaleggio, arriva proprio nel momento di massimo sviluppo, causa lockdown, dei sistemi di partecipazione a distanza, con il trionfo di software di call e condivisione, app e sistemi di tracciamento. un declino tecnologico e politico, come politica è l’origine della piattaforma, il suo peccato originale. Il declino avviene in due direzioni: all’esterno, a causa del sempre più percepibile conflitto d’interesse con la Casaleggio Associati, e all’interno del Movimento, con la progressiva morosità dei parlamentari e degli eletti, chiamati all’obolo imposto di 300 euro al mese per sostenere la creatura, e con la crescente ritrosia dei leader, Vito Crimi e Luigi Di Maio, a subire la concorrenza (troppo e troppo poco) democratica della piattaforma.
ÈIl grande freddo
L’ultimo episodio ha visto protagonista Grillo, da tempo in freddo con Davide Casaleggio, con il quale non ha lo stesso rapporto empatico che aveva con Gianroberto. Non più tardi di pochi giorni, il figlio del fondatore aveva chiesto con insistenza che venisse messo ai voti di Rousseau il via libera al Mes, il fondo Salva Stati, e che contemporaneamente si procedesse alla definizione del capo politico, per sostituire il reggente Vito Crimi. Una duplice
Washington Post,
richiesta decisamente sgradita ai vertici. Perché interferiva pesantemente con la necessaria stabilità di linea politica e di leadership di un Movimento pienamente partecipe delle decisioni del governo, per di più in uno dei momenti più critici della storia d’Italia, l’emergenza da Covid-19. E perché rimetteva agli iscritti la decisione fondante sulla leadership.
Il conflitto di interesse Rousseau è diventata ingombrante, come Casaleggio. I parlamentari non gli riconoscono alcuna leadership e non vedono l’ora di liberarsi dalla sudditanza tecnologica e politica con Rousseau. Sono finiti i tempi nei quali Di Maio definiva Casaleggio un semplice «tecnico informatico». Non ci credeva nessuno, neppure lui, alla favola di un supporto puramente tecnologico. Casaleggio ha partecipato a tutte le scelte politiche fondamentali e di recente ha fatto infuriare i parlamentari conducendo in prima persona delle interviste, come quella a James Galbraith, pubblicate sul blog. Casaleggio non è un tecnico, ma una figura doppia di imprenditore tecnologico e di politico. L’emergere prepotente della necessità di piattaforme informatiche, di app di tracciamento e di smart working non ha fatto altro che portare in superficie il conflitto di interesse latente.
L’idea di Rousseau, in realtà, era buona. Nata dalle spoglie di Lex, serviva per selezionare i candidati alle elezioni, scrivere collaborativamente proposte di legge e far votare su temi sensibili una quota crescente di iscritti. Non il milione vagheggiato da Casaleggio in un’intervista al Washington Post, ma 100 mila persone. Tanto buona era l’idea che in molti hanno cercato di imitarla o di scimmiottarla, in particolare il Pd, con Liquid Feedback in Lombardia (2013), il TuParlamento di Laura Puppato e la recentissima piattaforma Immagina, lanciata da Zingaretti a fine aprile e già finita nel dimenticatoio.
Ma gli strumenti non sono mai neutri. Le scelte si fanno sulla
Davide Casaleggio è diventato ingombrante dopo aver partecipato a tutte le scelte politiche fondamentali del Movimento. Gli eletti stanno cominciando a rifiutarsi di versare 300 euro al mese a Rousseau. E c’è chi arriva a dire: «Siamo cambiati, ormai non ci serve più»