Corriere della Sera - Sette

UCCISO 40 ANNI FA RACCONTAVA L’ITALIA OLTRE LE IDEOLOGIE

- Di VENANZIO POSTIGLION­E

E noi lo ricorderem­o sempre. Ucciso a 33 anni. Sotto casa. L’accusa, diciamo così: scriveva. Con animo libero. Di terrorismo, di politica, di giovani, di società, di imprese, di lavoratori. Uno stile efficace, diretto, cristallin­o: quello dei grandi giornalist­i. Una capacità di lettura che magari partiva da un dettaglio oppure una frase e poi diventava un’analisi sui destini del Paese. In un tempo in cui (quasi) tutti avevano già le risposte alle domande, negli anni dell’ideologia che plasmava tante vite e troppi discorsi, Walter Tobagi era curioso. Sempliceme­nte e scandalosa­mente curioso. Voleva capire. Raccontare. Fare un mestiere che aveva (e ha) ancora un senso.

Il 28 maggio del 1980: quarant’anni fa. Quella mattina fredda e umida, in via Salaino, a Milano, sotto il lenzuolo bianco c’era Walter. Strappato ai suoi bimbi Luca e Benedetta, alla moglie Stella, al Corriere della Sera, al giornalism­o italiano. Abbiamo perso centinaia di articoli che avrebbe potuto immaginare e scrivere. Centinaia di commenti sulle nostre fragilità. Centinaia di intuizioni sugli scenari politici e sociali. Un’epoca che è appena ieri ma pare un altro universo: cammini per strada e ti ammazzano perché fai bene il tuo lavoro. E magari sei anche un riformista e vuoi cambiare il mondo un passo alla volta, a pezzi, senza asfaltare il prossimo.

Fra tanti modi per ricordare, il Corriere ha scelto gli articoli. I suoi articoli. Dal 27 maggio, e per un mese, sarà in edicola il libro Poter capire, voler spiegare. Walter Tobagi quarant’anni dopo ,a cura di Giangiacom­o Schiavi. Una scelta di scritti di Tobagi, appunto, commentati (e calati nel 2020) dalle grandi firme di via Solferino. Non solo un omaggio al giornalist­a ma anche un filo tra ieri e oggi, come lo specchio di un Paese che ha sempre gli stessi problemi e gli stessi dubbi sulla sua identità.

Il primo articolo di peso già nel ’65, sul giornale del liceo Parini, La Zanzara. Con Walter diciottenn­e che si chiede dove sia finita la «coscienza civica» dei ragazzi. Un cruccio che l’avrebbe accompagna­to per tutta la sua breve vita. L’ipotesi di un Paese diverso, la ricerca di una via laica e razionale. Fino all’articolo sul Corriere che forse l’ha condannato a morte e che riproponia­mo nelle pagine che seguono: 20 aprile 1980. Tobagi ha studiato e capito il terrorismo, intuisce il suo declino, allora scrive la verità, l’Italia può farcela, «senza pensare che i brigatisti debbano essere, per forza di cose, samurai invincibil­i». Aveva ragione. Hanno ucciso lui, hanno ucciso ancora, ma hanno perso una guerra senza senso e senza speranza.

L’eredità è viva. Come diceva il cardinal Martini, con una frase bellissima, «il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto». “Walter Tobagi” è oggi il nome della Scuola di giornalism­o della Statale di Milano: nel 2020 i cronisti del futuro imparano il mestiere, ogni giorno. Partendo da lui. Le pagine del nostro

non vogliono riaprire una ferita, ma raccontare un giornalist­a vero. Che è ancora qui.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy