Niente binocoli a infrarossi, il fiuto del salvataggio salentino dà speranza ai bimbi d’Albania
Gli italiani possono stupirsi per l’accoglienza generosa dei pescatori di Terra d’Otranto, ma storia e geografia spiegano bene lo sguardo asciutto di generazioni in attesa dei capricci del mare. Come scriveva Neruda: «Amo stare nella morte coi poveri»
Oggi sorpresa e stupore possono nascere nella mente degli italiani alla lettura degli episodi di generosa accoglienza che la gente del Salento offre d’istinto ai profughi del Kosovo, ai bimbi albanesi bagnati e affamati. Forse qualche nozione di storia e di geografia può illuminare la natura di questo miracolo di rara umanità.
Il Salento, terra degli antichi Greci, più tardi dei Bizantini, di cui conserva in alcuni paesi i canti pagani d’amore e di morte nel dialetto detto grico, è zona culturalmente a sé in Puglia. Quanto alla geografia, Otranto come tutta la costa otrantina in direzione Sud (Santa Cesarea Terme, Castro, Tricase, Santa Maria di Leuca) e in direzione Nord fino a San Cataldo, spiaggia di Lecce, si affaccia su quella grande via di navigazione attraverso i secoli che è stato ed è ancora il Canale d’Otranto. Terra principalmente di pescatori che, durante le bufere di tramontana, si possono vedere seduti alla turchesca presso il porto aspettando che la furia del mare passi per uscire di notte con le lampare.
Proprio come i loro avi del 1480, quando al largo del Canale spaventati videro galee turche, falci della disgrazia, che comparivano a tratti in mezzo ai cavalloni finché, per sfuggire alla mareggiata, si volsero verso Otranto, scavando con la prua l’acqua.
Le torri, dette saracene, punto di controllo su tutta la costa del Canale, come la Torre del Serpe a Otranto, la racconterebbero lunga su sbarchi di veneziani, crociati, normanni, arabi sulle scogliere e le baie della costa.
I pescatori di Terra d’Otranto hanno ancora oggi lo sguardo asciutto di generazioni in attesa dei capricci del mare, non hanno come i carabinieri i binocoli a raggi infrarossi che illuminano il Canale di notte, ma hanno un istinto secolare, il fiuto del salvataggio. Valgono per loro i versi di Pablo Neruda nel Canto general :« Amo stare nella morte coi poveri / che non trovarono tempo di studiarla / mentre li bastonavano coloro che posseggono / il cielo diviso e regolato».