«LA MERITOCRAZIA È IDEOLOGIA»
in passato ha spesso evocato la possibilità di un’Europa dei centri concentrici, a più livelli o velocità, dove alcuni Paesi si mettono d’accordo e avanzano su temi specifici.
«È arrivato il momento. E penso che il governo italiano abbia un ruolo centrale in questo. Roma potrebbe sostenere le proposte del premier spagnolo Pedro Sánchez, che io trovo molto interessanti: per esempio l’idea di un debito perpetuo o a lunghissimo termine, magari cinquant’anni, di 1.000 o 1.500 miliardi, messo sul bilancio della Banca centrale europea. Ricordiamo che il bilancio della Bce tra il 2008 e il 2018 è passato da 1.000 a oltre 4.500 miliardi, cioè è passato dal 10 per cento al 40 per cento del Pil della zona euro, e questo per salvare le banche da una crisi finanziaria che avevano esse stesse contribuito a provocare».
Nelle sue opere lei sostiene che le due guerre mondiali nel XX secolo hanno avuto l’effetto collaterale di ridurre in parte le diseguaglianze. È lo stesso ruolo che potrebbe avere adesso il virus Covid-19, un evento eccezionale capace di provocare una risposta straordinaria dei governi?
«Non ci dovremmo affidare a guerre mondiali o epidemie per risolvere i problemi. Gli eventi eccezionali possono avere molti sbocchi possibili: in passato abbiamo avuto la nascita del Welfare State, ma anche l’ascesa del fascismo. Non so che cosa accadrà adesso, la crisi potrebbe anche andare a vantaggio dei populisti come Marine Le Pen in Francia o Matteo Salvini in Italia. Ma il nazionalismo è un veleno che circola anche in certi tenero con la meritocrazia.
«Il problema è che l’ideologia della meritocrazia è spesso abbracciata dai vincenti del sistema educativo per dare ai perdenti la colpa dei loro insuccessi: avreste dovuto impegnarvi di più, essere più meritevoli, più diligenti, più bravi. Se la sinistra si è così staccata dalle classi popolari, negli ultimi 50 anni, è proprio perché è diventata il partito dei diplomati e ha abbandonato i meno privilegiati. Ma la meritocrazia, nelle condizioni attuali, è una gara falsata perché le condizioni di partenza non sono le stesse. Dobbiamo tornare a investire nella scuola, nell’università, nell’educazione pubblica, e permettere davvero al maggior numero di allievi di studiare e di formarsi in modo efficace. Poi potremo riparlare di meritocrazia».