Corriere della Sera - Sette

Sotto la mascherina màscara e mascàra

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«MA ALLORA SEI TU!», mi fa l’altro giorno una persona per strada dopo essersi avvicinata fino al fatidico limite di un metro. Si abbassa per un attimo la mascherina e riconosco la nostra vicina di casa. «Scusa, ma così non ti avevo riconosciu­ta», sono costretto ad ammettere (facendo un passo indietro). Non era per questo, d’altronde, che s’indossava la maschera?

A ricordarce­lo ci sono ancora tantissimi modi di dire. Giù la maschera!, si diceva a qualcuno – più che per vedere il suo vero aspetto – per conoscere il suo vero animo. E «Addio mascherine!» gridava Pinocchio al Gatto e la Volpe verso la fine del libro: «Mi avete ingannato una volta e ora non mi ripigliate più». Come spiega nel 1863 il Vocabolari­o dell’uso toscano di Pietro Fanfani, «quando ad una persona che noi reputiamo finta e doppia vogliamo significar­e che la sua malizia ci è nota, gli diciamo “Mascherina ti conosco”».

Mascherina è il diminutivo di maschera: parola dall’etimologia incerta e discussa, attestata per la prima volta alla fine del secolo XII nella forma mascara col significat­o di spettro, essere demoniaco. Forma e significat­o che alcuni riconducon­o a quel masca nel senso di strega che compariva già nel latino medievale dell’Editto di Rotari ed è ancora oggi attestato in diversi dialetti liguri e piemontesi.

Di qui l’ipotesi di un’origine

le mamme. I figli che hai dovuto provare a intrattene­re, tenere a bada durante lo smart working, aiutare durante il collegamen­to per lo svolgiment­o della didattica on line, salvare dalla

Quelli come Teresa, quasi 18 anni, che in tempi non sospetti ad un certo punto hanno cominciato a dirmi: «Per me Fase 2 non vorrà mica dire la riapertura delle gabbie. Io non credo che uscirò subito, se anche lo facessi non starei fuori per molto e senza un motivo valido e secondo me, anche gli altri dovrebbero fare lo stesso, potendo». E ancora: «Né io né i miei amici ci aspettiamo di sentirci dire bravi: siamo stati a casa perché si trattava di una questione di responsabi­lità e di rispetto della legge, mica è un merito» mi ha detto Riccardo, 16 anni, inchiodand­omi spalle al muro. Quando mi sono

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Stefania Andreoli, psicologa e psicoterap­euta. Il nuovo libro
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