Questo virus si è mangiato pure il nostro immaginario

Succede anche a voi? Di leggere un libro, guardare un film, una serie tv e ritrovarvi a pensare: ma com’è che quei due camminano così vicini? E poi si baciano senza nemmeno sapere come l’altro fa di cognome…. Pazzi! Che fa tutta quella gente in fila: aspetterà mica di entrare in un cinema?

E comunque perché nessuno ha la mascherina? In che senso «a bordo del Catania Benjamin intrattiene un fitto dialogo con il capitano e con l’equipaggio (e fra il lusco e il brusco vi consiglio e vi scongiuro di leggere Manifesto Incerto di Frédéric Pajak, stupefacente esperimento a forma di libro, finalmente arrivato in Italia grazie a L’Orma Editore)? Rispettano la distanza di un metro? Come mai Tony si fa trascinare da suo cognato a una lezione di yoga dove in quindici metri quadrati ci sono almeno dieci persone (e fra il lusco e il brusco vi consiglio e vi scongiuro di guardare la seconda stagione di After Life di e con l’immenso Ricky Gervais e di recuperare la prima stagione, se ve la foste persa)?

Insomma, il coronavirus non ha solo trasformato le nostre vite: ormai si è preso anche il nostro immaginario, perché non c’è fuga dalla realtà che con quella realtà prima, in un modo o nell’altro, sia costretta a fare i conti.

Quindi le fughe che avevamo a disposizione prima di quest’incredibile primavera, va da sé che non possono più portarci molto lontano.

Tanto per dirne una: io stavo lavorando a un progetto ambizioso, un romanzo corale ambientato nel cortile di un asilo nido, dove contavo di raccontare i disastri dei genitori attraverso i segreti dei loro bambini e i disastri nascosti negli orizzonti dei bambini attraverso i segreti dei loro genitori.

Ma adesso? Adesso chi lo sa se esisteranno ancora, gli asili nido. E comunque chissà quando sarà di nuovo possibile per le madri e per i padri intrattenersi nel cortile, dopo avere recuperato i figli.