GIUSEPPE SALVA IL BAR E ANCHE LA SUA "MARIA"
Dolente. Serio. Onesto. Tre aggettivi che non bastano a fare un capolavoro, magari neanche un bel film. Ma che non possono lasciare indifferenti nel panorama del cinema italiano di oggi, così ripetitivo e spesso così furbo. Bar Giuseppe ha qualità. Come il suo regista, Giulio Base, animale strano della nostra cinematografia, dall’alto delle sue due lauree (Filosofia e Teologia) e del suo Qi sopra la norma, capace di dirigere 47 episodi di Don Matteo e film che fanno scuotere la testa come La coppia dei campioni con Boldi e Max Tortora, alternandoli però ad altri assai ambiziosi, modellati su Pessoa o Flaiano. Da ieri Bar Giuseppe potete vederlo in streaming su RaiPlay che per otto giovedì lancia altrettanti film non usciti in sala o usciti per pochi giorni causa coronavirus.
Giuseppe è il titolare di un bar collocato in un luogo volutamente qualunque nella provincia italiana di centrosud, tra superstrade e natura anonima. All’inizio del film resta vedovo di una moglie factotum che quel locale teneva in piedi più di lui. Vuole continuare. I due figli, malmenati dalla vita ciascuno a suo modo, non ci sentono e allora cerca qualcuno che lo aiuti al bancone e ai tavoli. Alla fine trova una ragazza di colore, Bikira, appena maggiorenne, orfana e con tanta voglia di lavorare. Si innamoreranno e si sposeranno, scandalizzando i paesani. Giuseppe ha l’hobby della falegnameria, lei resta incinta ma lui non l’ha toccata... avete capito? Eppure la metafora evangelica in tempi di accoglienza troppo spesso negata ci sta. Il film vacilla ma alla fine resta in piedi.
LA FRASE
Regia Giulio Base, con Ivano
Marescotti, Virginia Diop