«IO IN ANALISI CONTRO IL PANICO SOSPENDO, RITORNO, IN VIDEO MAI» MORANTE TERAPIA CON DUBBI
No, non ce l’ha fatta. Niente analisi in video, niente psicanalista che appare sullo schermo del pc o peggio ancora del telefonino: «La mia terapeuta me l’aveva proposto. Ci ho riflettuto un po’ ma poi ho rifiutato: sapevo che per me non avrebbe mai funzionato. Sono stata rigorosamente nella mia casa romana durante il lockdown. Sono rimasta inerte, cioè non proprio: ho fatto quel che desideravo fare da molto tempo, riordinare, scartare, eliminare. Poi quando hanno riaperto i parchi ho ripreso le passeggiate».
Laura Morante, 63 anni, toscana del sud, tre mariti, tre figli, sette fratelli, nipote della grande Elsa, ci tiene a descriversi come una persona normale, lo dice spesso e non pare un vezzo. Eppure: attrice, sceneggiatrice, regista, ora anche scrittrice... proprio come tutti non è. Può vantare una sensibilità tutta particolare che sullo schermo, unita a una bellezza anche questa non banale, ha intrigato molti italiani con le sue donne determinate e insieme tormentate e dolci. Pensando al suo cinema non stupisce che lei abbia a che fare con gli psicanalisti. In entrambi i film da regista, Ciliegine (2012) e Assolo (2016), ne ha piazzati due e anche belli particolari...
«Ci ho scherzato sopra sì, non certo in modo molto competente, come anche nel mio libro Brividi immorali, dove c’è un racconto che è una sorta di confessione simulata da un analista. Ma va detto che nel mio ambiente credo di non conoscere nessuno che non abbia mai praticato la psicanalisi». Effettivamente... ma per scherzarci su vanno conosciuti bene.
«Mi sono avvicinata alla psicanalisi in età adulta – avevo già dei figli – perché ero soggetta ad attacchi di panico e qualcuno che non ricordo mi aveva consigliato
tutta la sua famiglia?
«No, anche alcuni dei miei fratelli ci si sono rivolti. Una questione generazionale: né mio padre né mia madre l’hanno fatto. Nonostante papà fosse un appassionato lettore di testi soprattutto freudiani non ha mai frequentato uno psicanalista. Così mia madre, che pure non se la passava molto bene. Ma si è rivolta a degli psichiatri, a dei medici, per avere un aiuto farmacologico». Anche lei come suo padre ha letto Freud?
«Poco, rispetto a lui. L’interpretazione dei sogni e Introduzione alla psicanalisi. Ah no, poi ho letto Delirio e sogno nella Gradiva di Jensen: mi aveva incuriosito quando ero ragazzina perché mio padre mi diceva che assomigliavo al bassorilievo con Gradiva che viene descritto». (A Freud la novella di Jensen fu consigliata da Jung, Gradiva era famosa per la sua andatura e dopo papà Morante anche Nanni Moretti-Michele Apicella in Bianca fu colpito dallo stesso particolare di Laura-Bianca: «Mi interessava come camminavi» le dice facendole la corte. Assonanze; ndr).
E come terapeuti ha scelto freudiani o junghiani?
«Io mi sono trovata sempre a fare analisi junghiana. Per caso. Individuavo un terapeuta e poi lo scoprivo junghiano. Mai fatto analisi freudiana. Al di là degli approcci però uno dei vantaggi dell’analisi quando ti imbatti in un analista serio – io ne ho avuto uno in Francia che si addormentava – è trovare una persona che sa ascoltare. Non è poco. Ora però la voglio stupire». Sono pronto.
«Probabilmente ci sono alcuni approcci di analisi che non conosco e che mi riprometto di scoprire in futuro, ma nei percorsi psicanalitici