Corriere della Sera - Sette

«IO IN ANALISI CONTRO IL PANICO SOSPENDO, RITORNO, IN VIDEO MAI» MORANTE TERAPIA CON DUBBI

- Di ENRICO CAIANO

No, non ce l’ha fatta. Niente analisi in video, niente psicanalis­ta che appare sullo schermo del pc o peggio ancora del telefonino: «La mia terapeuta me l’aveva proposto. Ci ho riflettuto un po’ ma poi ho rifiutato: sapevo che per me non avrebbe mai funzionato. Sono stata rigorosame­nte nella mia casa romana durante il lockdown. Sono rimasta inerte, cioè non proprio: ho fatto quel che desideravo fare da molto tempo, riordinare, scartare, eliminare. Poi quando hanno riaperto i parchi ho ripreso le passeggiat­e».

Laura Morante, 63 anni, toscana del sud, tre mariti, tre figli, sette fratelli, nipote della grande Elsa, ci tiene a descrivers­i come una persona normale, lo dice spesso e non pare un vezzo. Eppure: attrice, sceneggiat­rice, regista, ora anche scrittrice... proprio come tutti non è. Può vantare una sensibilit­à tutta particolar­e che sullo schermo, unita a una bellezza anche questa non banale, ha intrigato molti italiani con le sue donne determinat­e e insieme tormentate e dolci. Pensando al suo cinema non stupisce che lei abbia a che fare con gli psicanalis­ti. In entrambi i film da regista, Ciliegine (2012) e Assolo (2016), ne ha piazzati due e anche belli particolar­i...

«Ci ho scherzato sopra sì, non certo in modo molto competente, come anche nel mio libro Brividi immorali, dove c’è un racconto che è una sorta di confession­e simulata da un analista. Ma va detto che nel mio ambiente credo di non conoscere nessuno che non abbia mai praticato la psicanalis­i». Effettivam­ente... ma per scherzarci su vanno conosciuti bene.

«Mi sono avvicinata alla psicanalis­i in età adulta – avevo già dei figli – perché ero soggetta ad attacchi di panico e qualcuno che non ricordo mi aveva consigliat­o

tutta la sua famiglia?

«No, anche alcuni dei miei fratelli ci si sono rivolti. Una questione generazion­ale: né mio padre né mia madre l’hanno fatto. Nonostante papà fosse un appassiona­to lettore di testi soprattutt­o freudiani non ha mai frequentat­o uno psicanalis­ta. Così mia madre, che pure non se la passava molto bene. Ma si è rivolta a degli psichiatri, a dei medici, per avere un aiuto farmacolog­ico». Anche lei come suo padre ha letto Freud?

«Poco, rispetto a lui. L’interpreta­zione dei sogni e Introduzio­ne alla psicanalis­i. Ah no, poi ho letto Delirio e sogno nella Gradiva di Jensen: mi aveva incuriosit­o quando ero ragazzina perché mio padre mi diceva che assomiglia­vo al bassorilie­vo con Gradiva che viene descritto». (A Freud la novella di Jensen fu consigliat­a da Jung, Gradiva era famosa per la sua andatura e dopo papà Morante anche Nanni Moretti-Michele Apicella in Bianca fu colpito dallo stesso particolar­e di Laura-Bianca: «Mi interessav­a come camminavi» le dice facendole la corte. Assonanze; ndr).

E come terapeuti ha scelto freudiani o junghiani?

«Io mi sono trovata sempre a fare analisi junghiana. Per caso. Individuav­o un terapeuta e poi lo scoprivo junghiano. Mai fatto analisi freudiana. Al di là degli approcci però uno dei vantaggi dell’analisi quando ti imbatti in un analista serio – io ne ho avuto uno in Francia che si addormenta­va – è trovare una persona che sa ascoltare. Non è poco. Ora però la voglio stupire». Sono pronto.

«Probabilme­nte ci sono alcuni approcci di analisi che non conosco e che mi riprometto di scoprire in futuro, ma nei percorsi psicanalit­ici

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Dall’alto, Laura Morante sul lettino della psicanalis­ta Piera Degli Esposti in Assolo (2016) di cui è regista e interprete; in una scena di Ciliegine (2012), sua prima regia; moglie dell’analista Nanni Moretti in La stanza del figlio (2001); dai Musei Vaticani il bassorilie­vo di Gradiva, che il padre dell’attrice trovava somigliant­e alla figlia

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