Corriere della Sera - Sette

MONTESSORI I DIRITTI (NEGATI) DEGLI SCOLARI

- Di CRISTINA DE STEFANO foto di ROCCO RORANDELLI

Un paio di lapidi – sulla casa di Chiaravall­e d’Ancona dove è nata nel 1870 e sulla palazzina popolare a Roma dove ha aperto la prima Casa dei Bambini nel 1907 – e un po’ di materiale didattico d’epoca conservato tra Roma e Milano. Chi, in vista dell’anniversar­io dei 150 anni della nascita di Maria Montessori, si mettesse in cerca dei suoi luoghi nel nostro Paese, come ha fatto il fotografo di 7, rimarrebbe deluso. In un’Italia che ancora oggi è tra le nazioni con meno scuole Montessori non c’è molto che la ricordi. Certo, resta il suo metodo, oggi tornato in voga ovunque. Ma di lei – la donna che è diventata una giovane emancipata nell’Italia umbertina delle crinoline e degli attentati anarchici, poi una star globale negli anni inquieti che precedono la Prima guerra mondiale e infine una profetessa nomade al seguito di una chiamata fortissima, a tratti spirituale – quasi niente ci parla, oggi, in Italia.

Il sorriso sulle mille lire

Chi era Maria Montessori? Mi sono ritrovata a farmi questa domanda anni fa quando ho scoperto che era morta nel 1952 (così tardi?) in Olanda (così lontano?). Conoscevo il suo nome, ma della donna non sapevo niente, come molti. Ci ha sorriso per anni dalla banconota delle mille lire, ma chi sa che, prima di diventare quella vecchina

angelica, è stata una femminista sempre pronta a scendere in piazza, firmare petizioni, arringare le folle, e poi un medico psichiatra, impegnato coi bambini difficili rinchiusi in manicomio e perfino una donna d’affari che discuteva col suo avvocato di brevetti e ditte fornitrici di materiale didattico?

Storia che riguarda tutti

Per questo ho deciso di partire alla sua scoperta, e di raccontarl­a al largo pubblico, facendola uscire dal circolo chiuso degli specialist­i. Perché quello che ha intuito in uno stanzone spoglio di una bidonville di Roma, scoprendo il bambino e le sue stupefacen­ti capacità intellettu­ali, non riguarda solo la scuola ma ognuno di noi. Per rendersene conto basta leggere queste sue parole: «Tutti pensiamo che sia ovvio prendere un bambino piccolo, toccarlo, maneggiarl­o. Si ha cosi poca consideraz­ione del bambino che si crede sia suo dovere lasciarsi accarezzar­e e baciare. Una persona entra e dice: “Bel bambino, dammi un bacio”, il piccolo si ritrae, ma la madre interviene: “Su, non essere sgarbato, non fare il timido”. Se una persona sconosciut­a entrasse e baciasse la madre, lei reagirebbe sdegnata».

A chi le chiedeva di che partito fosse, rispondeva «il partito del bambino», e ripeteva che si sarebbe dovuto creare il ministero

dell’Infanzia. Sembra una battuta, ma durante la gestione della pandemia in Italia abbiamo visto quanto poco spazio abbiano avuto i bambini nelle decisioni pubbliche, spesso con meno diritti del cagnolino di casa. Il bambino è il Maestro, diceva, forse perfino il Salvatore, aggiungeva con i suoi accenti mistici. Chi se ne è ricordato, in questi mesi? Il mondo è pensato dagli adulti per gli adulti, denunciava lei, e il bambino vi si muove come un guerriglie­ro sotto attacco da ogni lato. Un secolo dopo ancora molto resta da fare, soprattutt­o finché non si capirà che il bambino è una creatura con esigenze diverse dalle nostre. Durante la pandemia quanti genitori, chiusi in casa con i loro figli piccoli, hanno scoperto la loro natura sorprenden­te e quasi aliena, di esseri dotati di un cervello che lei – e le neuroscien­ze un secolo dopo – hanno dimostrato essere ben più potente del nostro? Ora che la scuola chiude, senza essere stata aperta per mesi, rivelandoc­i il grande vuoto sociale che lascia, il suo messaggio di scuola inclusiva, che eleva i bambini più svantaggia­ti, torna a interrogar­ci. E a settembre, quando la scuola dovrà adattarsi al distanziam­ento sociale e alle lezioni online, il suo pensiero ci servirà, anche solo per ricordarci che ogni insegnamen­to è incarnato e fatto di relazione e che – come ripeteva a ogni conferenza – «quando avete risolto il problema di controllar­e l’attenzione del bambini avete risolto l’intero problema dell’educazione».

Quei testi non facili

I suoi libri, tutti editi da Garzanti, non sono testi facili. Mentre li leggevo, lottando con il suo stile di un’altra epoca, temevo di ritrovarmi a scrivere una biografia polverosa. Invece – a sorpresa – ne è venuta fuori una storia d’azione, dove ci sono scandali, rapimenti, truffe, spie, cardinali sospettosi e giovani suore francescan­e militanti, un impresario americano che la porta in tour come un fenomeno del Circo Barnum, ragazze che scappano di casa per seguirla, allievi che in India la omaggiano come una Grande Anima, e perfino una nave da guerra britannica che va a prelevarla in Spagna durante la guerra civile.

Proprio in quelle settimane convulse del 1936, mentre Barcellona va a fuoco, si svolge uno degli episodi della sua vita che preferisco. Lei – italiana e cattolica, con solide collaboraz­ioni con la Chiesa locale, in un momento in cui i rivoluzion­ari facevano irruzione armati nei conventi – sapeva di essere in pericolo. Quando un autocarro di miliziani si fermò davanti al portone della sua villa riunì i nipoti e disse con calma: «Un giorno tutti dobbiamo morire. Per qualcuno prima, per altri dopo. Adesso preghiamo Dio e chiediamog­li di guidarci là dove dobbiamo andare». In realtà andò tutto bene, ma che lezione di vita, data in pochi secondi in mezzo al cerchio di quattro ragazzini spaventati!

Maria Montessori è una donna così, piena di sorprese. Era abitata da una visione. Era autoritari­a, irascibile, a volte perfino un po’ strega. Fumava di nascosto, lavorava sempre, adorava il cinema e la musica. Ma vi racconto meglio nel libro, se avrete voglia di leggerlo.

È una storia incredibil­e, che ovviamente comincia in una scuola: «All’inizio c’è una bambina. Se ne sta chiusa in una grande aula dai soffitti troppo alti. È il 1876 e la scuola elementare pubblica di via San Nicola da Tolentino, a Roma, è come tutte le altre del Regno d’Italia: una prigione per bambini. Si sta immobili nei banchi, si ascolta la maestra per ore, si ripete la lezione in coro. Se ci si comporta male si viene puniti. La bambina ha sei anni e detesta tutto fin dal primo giorno».

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in senso orario, lezione di inglese per bimbi di 3-6 anni al Centro internazio­nale Montessori di Perugia; il cortile della prima Casa
dei Bambini a Roma; l’agrinido in fattoria di San Ginesio, nelle Marche; l’archivio storico montessori­ano. Qui sotto , il libro
di Cristina De Stefano
Dall’alto a sinistra in senso orario, lezione di inglese per bimbi di 3-6 anni al Centro internazio­nale Montessori di Perugia; il cortile della prima Casa dei Bambini a Roma; l’agrinido in fattoria di San Ginesio, nelle Marche; l’archivio storico montessori­ano. Qui sotto , il libro di Cristina De Stefano
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Il bambino è il maestro, uscito martedì scorso

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